Quante volte si sente parlare di diritti, diritti di cui ognuno di noi è beneficiario fin dalla nascita. Nella prima parte della Costituzione è scritto a chiare lettere, i Doveri e i Diritti di ogni cittadino.  Come sempre ci sono delle eccezioni, perché ci sono dei diritti esclusi per cittadini che sono in carcere, come se il Diritto perdesse forma davanti a quel Cancello. Eppure dovrebbe essere il luogo più naturale dove far riscoprire il Diritto, rompendo un patto con la società si entra in quel cancello, una volta varcato però si perde il proprio diritto.

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Pensate solo al Diritto alla salute art. 32 della Costituzione, dove è scritto che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto e interesse della collettività. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. In carcere questo viene meno, perché i dottori mancano, anzi molti che sono stati assegnati al servizio sanitario all’interno degli istituti di pena si rifiutano di andare, i pochi che prestano servizio il più delle volte si fanno aiutare dagli agenti oppure dall’infermiere o infermieri di turno che dispensano tranquillanti come se fossero caramelle. Eppure è un fondamentale diritto e interesse della collettività. La collettività carceraria è esclusa da questo diritto, le visite specialistiche vengono annullate frequentemente perché manca il personale, dopo mesi o anni di attesa ti senti dire: “purtroppo oggi non abbiamo la scorta per andare”, così ti ritrovi a dover aspettare ancora lunghi mesi. Questo a discapito del malato, succede che ti accorgi di avere un tumore con molto ritardo, solo perché la visita specialistica è stata rinviata molte volte.

Per non parlare delle donne in carcere, non hanno neppure la possibilità di fare prevenzione, neppure la visita ginecologica, perché non ci sono i dottori. Certo è facile dire, il carcere è stato ideato per gli uomini, ma il diritto alla salute è di tutti.

Forse bisognerebbe cambiare l’art. 32 della Costituzione, la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto e interesse della collettività, meno che a quella Carceraria.

Finisco parlandovi del Diritto allo studio, come si evince dall’art.34 la scuola è aperta a tutti ect ect.  Caro Legislatore tu dovevi inserire in questo articolo che l’istruzione è aperta a tutti i cittadini meno che a… Perché se vogliamo parlare di scuola in carcere è veramente un buco nero, di solito chi va a scuola lo fa per uscire da quella angusta cella, e di solito i professori o maestri che vengono assegnati al carcere sono quasi sempre professori o maestri a fine carriera, che non vedono l’ora di raggiungere l’ambito obbiettivo: la pensione. Ci sarebbe tanto da dire sulla scuola in carcere, da l’alfabetizzazione delle persone straniere, al conseguimento di una laurea in carcere. Percorsi che danno un senso al tempo che passa, per conoscenza, per cultura, invece come al solito si lascia al volontariato il peso più grande.

Basti pensare che io mi sono laureato in carcere in Giurisprudenza grazie ad un gruppo di volontari, Professori Universitari, Magistrati, ragazzi e ragazze che entravano per la prima volta in carcere e si trovavano di fronte adulti che aveva voglia di conoscenza. Però una volta laureato ti trovi di fronte la realtà, cosa ci fai se non puoi fare gli esami di stato per diventare avvocato, è solo un ricordo indelebile del tuo sapere. Una volta in un convegno una Direttrice di un carcere, dopo un mio intervento dove spiegavo questo mi disse: “Lei lo sapeva quando ha intrapreso gli studi che non poteva fare l’avvocato”. Io ho risposto: “Si, come tutti gli ergastolani che in carcere prendono anche più lauree, ma voi perché fate accordi con le Università, per il prestigio dell’Istituto, oppure per interessi?”. Non ebbi risposta, ma poco importa perché molti detenuti fanno questo percorso per un riscatto personale, per dire a loro stessi: noi possiamo farcela.

Il Diritto allo studio viene reso inutile dalla stupidità delle persone.

 

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