«Tre cose non possono essere nascoste a lungo: il Sole, la Luna e la verità»
Buddha

Prologo

Come scrisse Baudelaire, «il maggiore inganno del demonio sta nel persuaderci che non esista», ovvero nel più astuto capovolgimento operato dal signore della menzogna.

Nell’esaminare l’arte della manipolazione che oggi sembra sovrastare ogni ambito della nostra vita quotidiana, siamo costretti a chiederci dove si nascondano le notizie false.

In canali di informazione indipendenti, attraverso media digitali e opinionisti non in linea con contenuti e valori ritenuti «convenzionali» e «di senso comune»?

Nelle armi di disinformazione di massa, dispiegate da un potere raffinato e consapevole, che attraverso mezzi di comunicazione con un più ampio spettro di diffusione godono di un maggior grado di penetrazione nel tessuto sociale per ottenerne il controllo?

Le radici della menzogna

Iniziamo a investigare, incontrando personalità del pensiero moderno che dell’antinomia verità-menzogna hanno fatto il centro della propria riflessione. Facendo emergere che nell’arte della manipolazione o presunta tale vi sono forze tra loro imparagonabili, data l’ineguaglianza dei mezzi a disposizione dell’una e dell’altra parte.

Friedrich Nietzsche, dipinto di Edward Munch, Wikimedia Commons

Friedrich Nietzsche, dipinto di Edvard Munch, 1906, Thiel Gallery, Stoccolma, Wikimedia Commons

Friedrich Nietzsche, formulando un giudizio disincantato e impietoso nello scritto Su verità e menzogna in senso extramorale, afferma che «le verità sono illusioni di cui si è dimenticata la natura illusoria, sono metafore che si sono logorate e hanno perduto ogni forza sensibile, sono monete la cui immagine si è consumata e che vengono prese in considerazione soltanto come metallo, non più come monete».

Così, per Hannah Arendt, «il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto oppure il comunista convinto, ma l’individuo per il quale non c’è più differenza tra realtà e finzione, fra vero e falso» (Le origini del totalitarismo).

Il filosofo Giorgio Agamben, nell’approfondire argomenti come la biopolitica, lo stato di eccezione inaugurato dalla recente pandemia e le implicazioni del potere dei governi sulle libertà individuali, ha messo in evidenza come la nostra epoca si caratterizzi per un continuo strumentale procedere «per emergenze». In Homo sacer così scrive: «Il potere non ha oggi altra forma di legittimazione che l’emergenza e dovunque e continuamente si richiama ad essa e, insieme, lavora segretamente a produrla.»

Hannah Arendt, 1924, Wikimedia Commons

Noam Chomsky, teorizzando un decalogo del controllo sociale, ovvero delle strategie di manipolazione attraverso l’informazione, ha indicato come seconda delle dieci leggi elencate quella di «creare problemi e poi offrire le soluzioni».

Negli ultimi due decenni abbiamo vissuto una serie di eventi emergenziali (conflitti, crisi economiche, terrorismo, pandemia, dissesto ambientale, cambiamento climatico, congiuntura energetica, spinta migratoria), ed è innegabile che il contrasto a tali emergenze abbia rivelato anche il proprio lato oscuro: quello di tenere sotto pressione esistenziale istituzioni e individui, trasformando la realtà di ogni giorno in una somma di eventi sempre più imprevedibili e problematici.

Due esempi reali e non frutto di opinabili speculazioni: le armi di distruzione di massa come motivo dell’intervento in Iraq, rivelatesi una falsa notizia durata quasi nove anni e costata oltre un milione di morti e l’Event 201, convegno-esercizio  sul Covid svoltosi inspiegabilmente il 18 ottobre 2019, tre mesi esatti prima dell’esordio della pandemia nel mondo.

La verità messa a nudo

Julian Assange, Edward Snowden, Shoshana Zuboff sono figure che hanno svolto un ruolo significativo nel campo dell’informazione, del whistleblowing, della privacy e della sorveglianza digitale, ognuno con i propri contributi e secondo particolari angoli visuali.

Le notizie pubblicate nel 2010 da Assange su WikiLeaks, tra cui cablogrammi diplomatici e documenti militari, hanno svelato molte informazioni sulle attività illegali e i crimini degli Stati Uniti nei teatri di guerra di Afghanistan, Iraq e Siria.

Edward Snowden nel 2015 alla World Affairs Conference, Laidlaw Hall, Upper Canada College, Wikimedia Commons

Le informazioni divulgate nel 2013 da Snowden sui programmi di sorveglianza globale, in particolare la raccolta su larga scala dei metadati telefonici e delle comunicazioni Internet da parte della NSA (National Security Agency), di cui era collaboratore, hanno innescato un dibattito globale sui temi della privacy, della sorveglianza governativa e delle libertà civili.

Nel suo libro Il capitalismo della sorveglianza, la Zuboff esplora il modo in cui le aziende dell’era digitale raccolgono, elaborano e mercificano i dati personali, anche attraverso l’evoluzione dell’intelligenza artificiale, per ottenere un guadagno economico. L’autrice ne critica l’impatto sulla privacy, la democrazia e l’autonomia umana.

Ognuno di loro ha avuto un ruolo nel plasmare le discussioni sulla privacy, la trasparenza e l’equilibrio tra sicurezza nazionale, libertà e diritti individuali.

Le conseguenze per Assange e Snowden, associati alla denuncia di segreti governativi e pratiche di sorveglianza di massa, «prove viventi» della verità che tanto infastidisce i governi coinvolti, hanno determinato contro di loro una violenta campagna mediatica e una persecuzione giudiziaria tuttora in corso.

La proposta della Zuboff di limitare il potere del capitalismo attraverso il controllo statale del sistema di sorveglianza è un’idea controversa e di difficile attuazione, che solleva problematiche legate sia all’equilibrio tra potere economico e politico, sia alle implicazioni della crescita del controllo statale sulla sorveglianza.

Una piovra come allegoria del controllo digitale, immagine di GDJ, Pixabay

Da una parte, nelle democrazie liberali, il potere economico tende a influenzare la politica in modo così esteso da rendere difficile immaginare uno Stato che riesca a limitare efficacemente il sistema capitalistico di sorveglianza senza compromettere il suo stesso potere. Dall’altra parte, nei regimi autoritari, il controllo dello Stato sull’economia può essere esercitato in danno delle libertà individuali, quindi la soluzione della Zuboff legittima preoccupazioni riguardo alla creazione di uno Stato potenzialmente invasivo sul fronte della sorveglianza.

In Occidente la raccolta dei dati viene già utilizzata da network come Google o Amazon per definire gli stili comportamentali degli utenti, in Cina costituisce la selezione-base per il sistema dei crediti, utile per il controllo sociale e la repressione del dissenso, prospettiva che fa impallidire il presunto pericolo dei social per via delle interazioni incontrollate degli utenti.

Del resto, come ricorda Roger McNamee in Zucked, «quando si parla di algoritmi usati dalle piattaforme internet, “migliorare” è riferito agli obiettivi della piattaforma, non dell’utente».

Epilogo (e il senso di una speranza)

Nei fatti le strategie di contenimento avviate da organismi internazionali e governi contro le notizie false sembrano più preoccupate di combattere le opinioni personali che le violazioni della legalità in Paesi esteri o la soppressione delle libertà individuali per motivi sanitari o le posizioni estreme espresse da ideologie intransigenti e aggressive. Esempi in questo senso li abbiamo avuti con le «rivoluzioni colorate» o le «primavere arabe» orchestrate dall’Occidente, la woke ideology e la cancel culture negli Stati Uniti, l’obbligatorietà in molti Paesi della vaccinazione contro il Covid-19.

Anche la nuova rivoluzione tecnologica all’orizzonte, rappresentata dall’intelligenza artificiale, potrebbe trasformarsi nel più formidabile mezzo di coercizione delle società contemporanee, se non verranno risolti i problemi della trasparenza, della democrazia e della salvaguardia dei diritti individuali nell’uso dell’informazione.

La disinformazione, soprattutto se utilizzata da centri di potere che dispongono di grandi quantità di dati, può influenzare in modo significativo l’opinione pubblica, sia a livello politico che economico, motivando i nostri acquisti o influenzando le nostre preferenze politiche o le scelte morali ed è da questa fondamentale distinzione – che il falso non diventi vero – che possiamo intuire come l’essenza della nostra libertà sia inscindibile dalla comprensione della verità.

Immagine di apertura: Annibale Carracci, Allegoria della Verità e del Tempo, 1584-1585, Royal Collection, Londra, Wikimedia Commons