Jacques Delors (Parigi 1925 – 2023) è stato l’ultimo cittadino onorario d’Europa ad essere nominato dal Consiglio europeo. I suoi predecessori hanno nomi parimenti illustri: il francese Jean Monnet, il tedesco Helmut Kohl. Il primo per avere edificato il sistema comunitario; il secondo per aver unificato la Germania.

Presidente della Commissione per dieci anni consecutivi, unico caso nella storia dell’organizzazione, Delors ha animato da protagonista la stagione più intensa dell’integrazione europea. Bastino due dossier da lui fortemente voluti: il completamento del mercato unico, il Trattato di Maastricht sull’Unione europea con l’Unione politica e l’Unione economica e monetaria. Da quest’ultima l’introduzione della moneta unica per rinsaldare i legami comuni e riscattare la Germania unificata da qualsiasi pretesa neo-egemonica sul Continente. Le principali riserve all’unificazione venivano da quelli che paventavano l’avvento del Quarto Reich, sia pure in chiave pacifica.

Cattolico e socialista: all’epoca del suo sodalizio con il laico Presidente Mitterrand pareva una contraddizione. Si disse che Mitterrand ne temesse la popolarità presso un pubblico trasversale e che perciò l’avesse spostato dall’incarico di Ministro delle Finanze a Parigi a quello di Presidente della Commissione a Bruxelles. L’esecutivo comunitario, come allora si diceva, era un posto minore rispetto ai nazionali, una sorta di consiglio di amministrazione di tecnocrati non suscettibile della Haute Politique di cui era intrisa la grandeur francese.

Il principale successo di Delors fu di conferire alla Commissione un’anima politica: di Haute Politique. Parlava da pari a pari con i Capi di Stato o di Governo a cominciare dal suo. Duellava con Margaret Thatcher in un mutuo rapporto di diffidenza e stima. Controllava l’esuberanza di Helmut Kohl: lui dalla taglia minuta a cospetto del gigante tedesco.

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Nei corridoi di un Consiglio europeo, si discuteva di Agenda 2000, il pacchetto finanziario a favore degli stati membri meno avanzati, Delors affrontò il Cancelliere affinché accordasse i finanziamenti necessari a convincere Portogallo e Spagna circa le adesioni di Austria, Finlandia e Svezia. Agenda 2000 era il prezzo da pagare al loro consenso. Il suo approccio fu così cordialmente insistente che l’amico Helmut, stremato dal pressing, gli diede carta bianca. Purché il dibattito si chiudesse con il successo. Preparò il nucleo centrale del Trattato di Maastricht, e cioè l’Unione economica e monetaria, con un Comitato, detto appunto Comitato Delors, che ebbe come segretario l’italiano Tommaso Padoa-Schioppa. Il Comitato Delors gettò appunto le basi per l’UEM e per la creazione della moneta unica. Era parte del pacchetto per agganciare la Germania al carro europeo e realizzare l’auspicio di Kohl di una Germania europeizzata e non di un’Europa germanizzata. L’adesione dell’Austria generava qualche apprensione fra quelli che avevano il diretto ricordo della Guerra. Le misure per raffreddare la memoria erano benemerite. Delors comprese la portata dell’unificazione tedesca anche come chiave per un rapporto costruttivo con le Repubbliche già sovietiche.

Sua fu l’idea della Federazione degli stati-nazione: una formula complicata, quasi ossimorica, per salvaguardare le identità nazionali nel crogiuolo dell’identità europea.

Il migliore lascito della Sua opera sarebbe che l’elezione del Parlamento europeo in giugno segnasse il decollo della Federazione. E che l’Europa unita nelle diversità tornasse a scrivere il libro della storia lacerato nel 1945.

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