In passato eravamo abituati a sentirci dire “ce lo chiede l’Europa” ma da qualche tempo il linguaggio politico italiano si è arricchito di un nuovo assioma: “lo facciamo per l’Europa”. Ma non è detto che tutti siano d’accordo su come farlo, in particolare nel terzo polo, e poi per fare cosa, concretamente? Non tutto appare così chiaro.

Per cominciare esiste un partito che ha l’Europa nella propria ragione sociale, chiamandosi +Europa, che lancia l’idea di una lista elettorale “di scopo” per le prossime elezioni europee e la vuole chiamare “per gli Stati Uniti d’Europa”.

Ma è solo un cartello elettorale perché la “lista di scopo” prevede, nella miglior tradizione vetero radicale, che non ci sia un vincolo di adesione ad un gruppo politico una volta (eventualmente) eletti al Parlamento europeo, cioè superato lo sbarramento del 4% dei consensi, condizione necessaria per poter essere eletti. In effetti l’Europa la si potrebbe costruire stando seduti in diversi seggi dell’emiciclo di Strasburgo, l’importante sarebbe arrivarci.

E qui nascono i primi dilemmi perché se lo scopo è quello di lavorare per gli Stati Uniti d’Europa, qualcuno obietta che l’obiettivo principe dovrebbe essere quello di non sparpagliarsi a Strasburgo, ma quello di rafforzare il gruppo politico del Parlamento europeo, i liberali di Renew Europe, che più di altri potrebbe essere utile per arginare o addirittura impedire l’accordo tra l’oscillante Partito popolare europeo e i sovranisti, accordo che non sarebbe proprio un gran passo avanti verso gli Stati Uniti d’Europa.

In barba alla serietà dello “scopo”, che ha portato alcuni ad ironizzare con volgarità parlando di “campo di scopo”.

Più seriamente invece il progetto degli Stati Uniti d’Europa è stato promosso da personaggi come Luigi Einaudi e Altiero Spinelli, Alcide De Gasperi e Romano Prodi, fino ad arrivare ad Emma Bonino.

Peccato però che oggi i possibili partner di +Europa, i cui partiti fanno parte del cosiddetto terzo polo, Matteo Renzi, capo di Italia Viva, e Carlo Calenda, capo di Azione, non si amino per niente, o anche peggio, pare una questione di sfiducia reciproca, ma comunque anche loro lo farebbero… per l’Europa.

In effetti al momento “in Europa” la delegazione italiana del gruppo Renew del Parlamento europeo è composta da quattro membri, due di Azione e uno di Italia Viva, cioè Giuseppe Ferrandino e Massimo Castaldo di Azione, quest’ultimo transfugo dei 5 stelle, Nicola Danti, oggi di Italia Viva ma proveniente dal PD, oltre a Marco Zullo che al momento non aderisce a nessun partito ma proviene anch’esso dai pentastellati.

Ne è nato un vero psicodramma in cui sono volati stracci arrivati non fino a Strasburgo ma almeno fino a Parma (da dove vi scrivo) in quanto Federico Pizzarotti ex sindaco di Parma, in qualità di Presidente di +Europa, riteneva che sarebbe stato più opportuno fare un accordo con Azione, che con Italia Viva.

A dire il vero Pizzarotti avanzava argomenti concreti ai fini elettorali (qualche maligno dice solo per sé stesso ma a Parma alcuni smentiscono) ritenendo che una alleanza di +Europa con Calenda avrebbe raccolto più consensi che una alleanza con Renzi, aumentando così le possibilità di superare la soglia di sbarramento del 4%.

Era già qualcosa ma non abbastanza, e così Renzi dichiarava che non poteva immaginare che la lista di scopo potesse sfumare a causa di un “tal Pizzarotti da Parma”. L’allocuzione non è chiaramente piaciuta molto nel ducato, senza contare che alcuni giornali si sono spinti, nell’errore, a sparare titoli quali “È lunare che il progetto degli Stati Uniti d’Europa possa sfumare per un tal Pizzarotti da Parma”!

E così, malgrado lo “scopo” il partito +Europa si spacca con la fuoriuscita non solo di Pizzarotti ma anche del suo vicesegretario Piercamillo Falasca, entrambi ex grillini, che aderiscono ad Azione e si candidano alle europee nella lista “Siamo europei”, mentre Matteo Renzi non si fa scappare l’occasione per dire che dieci anni fa i cinque stelle erano contro l’Euro!

Fin qui niente di molto concretamente europeista, nessun argomento concreto su cosa dovranno fare i neo eletti europarlamentari, e bisognerà quindi aspettare l’inizio della vera campagna elettorale, quando la composizione delle liste sarà archiviata, per farci un’idea più chiara e capire se qualcuno intende davvero battersi per realizzare gli Stati Uniti d’Europa, attraverso quali azioni, quali iniziative, insomma come intenderebbe farlo.

Nel frattempo ci dobbiamo far bastare le dichiarazioni super europeiste del vice Premier Antonio Tajani, che per smarcarsi dalla Premier Giorgia Meloni, parla di una cultura comune europea e si spinge fino a parlare dell’accorpamento in un unico ruolo di Presidente della Commissione europea e del Consiglio, di un seggio unico per l’UE al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, del superamento del voto all’unanimità, di un nuovo Commissario europeo alla difesa e di maggiori poteri per il Parlamento europeo. Purtroppo il suo partito, quello popolare europeo, potrebbe allearsi con i sovranisti che non vogliono proprio gli Stati Uniti d’Europa, ma gli preferiscono l’Europa delle Nazioni.