Costruire e progettare il futuro non è solo una responsabilità politica, ma un compito fondamentale deputato anche agli Architetti, figure strategiche alle quali è giusto e doveroso affidare la pianificazione dello sviluppo urbano e farle agire come guide per il cambiamento.

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In questo periodo è particolarmente evidente come il ruolo degli Architetti e dei Pianificatori sia in forte evoluzione, e chi lavora nel campo costantemente si trova ad affrontare strumenti per pianificare e progettare che sono essi stessi in fase di costruzione. Quando un architetto progettista oggi progetta, progetta già il futuro, che si vuole naturalmente migliore, ma lavora su qualcosa che ancora non esiste. E per porsi come artefice dei cambiamenti deve procedere con particolare riguardo al sociale per prevedere come i cambiamenti possano migliorare la qualità abitativa dei fruitori del futuro.

Il patrimonio costruito attualmente, soprattutto nella vecchia Europa, si trova obiettivamente in uno stato di degrado e di non manutenzione generalizzato  (ovviamente non considerando il patrimonio storico-artistico che nella maggior parte dei casi è protetto). E mentre chiediamo alla politica e all’economia impossibili certezze, le utopie rincorrono la necessità di una estesa riqualificazione edilizia,  che da un lato doverosamente recuperi le eredità del passato, ma che a livello di materiali, di impiantistica, di rivitalizzazione estetica, debba procedere con la progettazione di nuove opere, sviluppando nello stesso tempo nuovi strumenti tecnologici che stravolgano i concetti di abitabilità, con nuove forme e nuovi canoni estetici e funzionali.

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Una buona progettazione del futuro dovrebbe fondere gli antichi saperi con le tecnoscienze, accostando la creatività alle nuove tecnologie costruttive, le nuove esigenze ai nuovi materiali o ai materiali tradizionali, ma lavorati usando nuove tecnologie ecosostenibili. Le linee di tendenza dominanti sono molteplici, purtroppo non c’è più la pazienza che caratterizzava i tempi passati, il mercato domina e impone tempi veloci. Molto c’è da riflettere poi sui modi e la governabilità dei cambiamenti, che, sempre in una logica di buon senso, dovrebbero essere gestiti in connessione e in condivisione tra le diverse professionalità e la politica sociale, e bisognerà anche ragionare, in questa società così complessa, su quali siano gli obiettivi che possono essere condivisi, o quali si adatteranno meglio nella futura società fortemente globalizzata ma con infinite differenze ambientali ed etniche, quindi caratteriali.

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Per dare forma alle nuove visioni diventerà quindi fondamentale che il processo della progettazione venga attuato in un sistema di attività interdisciplinari e in una visione di progettualità complessiva (landscape, engineering, design, continua innovazione e versatilità degli spazi). Comunque il singolo professionista non può, e non potrà più, fare tutto da solo. E confrontandosi con le scelte politiche, che purtroppo spesso tentano, con scelte a volte inopportune, di coprire la propria insipienza, bisognerà fare i conti con le sfide e i limiti dettati dall’incremento della popolazione, dalle conseguenze del cambiamento climatico, dal design che si confronterà con la sostenibilità, con l’armonizzazione del nuovo costruito con l’ambiente circostante, con le biodiversità, con i rifiuti (anche risultanti dalle attività edilizie).

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