Dopo quasi 30 anni di dispersione fra vari dicasteri, il Turismo è finalmente tornato ad avere un suo Ministero autonomo. Un fatto che testimonia da un lato la profondità della ferita inflitta dalla pandemia e dall’altro il ruolo chiave che questo comparto avrà nella ripresa. Sotto i riflettori le materie turistiche di Sport e Montagna, binomio quasi indissolubile per il quale il Ministro Massimo Garavaglia ha scelto una consigliera d’eccezione: la friulana Manuela di Centa, gloria olimpica dello sci di fondo (celeberrimo il suo oro nell’Olimpiade di Lillehammer del 1994) che al termine della carriera agonistica ha deciso di rimanere nell’ambito sportivo vestendo però i panni della politica. “Questo Governo, in particolare il Ministro Garavaglia, ha pensato in modo specifico, all’energia, alla forza e alle grandi capacità economiche che hanno il turismo montano e il turismo sportivo – ci ha detto commentando il suo nuovo ruolo – Lo dimostra l’aver dedicato addirittura una consigliera a questi due comparti. Sono orgogliosissima che si sia presa questa direzione, come donna di Sport e, soprattutto, come donna di Montagna. Sono felice inoltre che sia stato finalmente riconosciuto il valore del turismo sportivo, che ha grandissime capacità di attrazione e di sviluppo”. Abbiamo colto l’occasione per chiederle quali sono le prospettive del Turismo di Montagna italiano.

 

A che punto siamo con la ripartenza del turismo montano?

Il 18 maggio hanno riaperto al pubblico tutti gli impianti di risalita, una boccata d’ossigeno per un comparto che ha sofferto moltissimo e che costituisce il trampolino di lancio di tutte le attività, in particolare quelle sciistiche. È una riapertura che porterà benefici a tutto il sistema, albergatori e ristoratori compresi. Già prima di questa data è stato deciso che, nell’ambito del Decreto Sostegni, verranno erogati 700 milioni per un Fondo Montagna. Di questi, 40 milioni sono dedicati nello specifico ai maestri di sci. Inoltre, quasi certamente verrà votato un Decreto Sostegni bis, che potrebbe prevedere ulteriori 100 milioni per il turismo montano.

 

Dal punto di vista del turismo, come si valorizza il Sistema Montagna?

Vivere la Montagna vuol dire vivere a contatto con l’Essenziale. È un ambiente speciale, fatto di grandi distanze e di alte quote. Qui abitano persone spesso lontane dalle evoluzioni sociali urbane, che vivono in simbiosi con la natura e i suoi ritmi e sanno riconoscere il tocco vero, concreto della vita. Il turismo montano, quindi la valorizzazione della montagna, passa attraverso il riconoscimento e la rivalutazione delle semplici bellezze che la natura e la terra ci regalano… o ci nascondono! I territori montani sono ricchi di catacombe, miniere, formazioni geologiche particolari. Tutto questo passa sempre dal riconoscimento delle peculiarità territoriali.

 

Ovvero?

Non esiste una sola Montagna. Esiste Cortina e poi esiste il paesino di duecento abitanti dove non arrivano strade a doppia corsia. Dobbiamo esaltare le differenze, facendo conoscere quello che c’è da sempre nelle diverse zone, le tradizioni: cosa si coltiva in un territorio, la sua storia, come vive la gente che ci abita e di conseguenza quali sono le espressioni culinarie e culturali più naturali e semplici di quella comunità. Le piccole situazioni possono diventare grandi, a patto di curare i dettagli. Nella mia esperienza di atleta ho imparato che sono i dettagli che fanno la differenza rispetto ai tuoi avversari, è l’allacciatura di una scarpa che ti fa perdere o guadagnare il decimo secondo che ti porterà sul podio. Per me la stessa cosa avviene quando si parla di territori, dove sono queste sfumature a creare l’identità e la storia delle comunità.

Foto di rottonara da Pixabay

 

Non c’è il rischio che i piccoli territori vengano eclissati da altre realtà, più grandi o rinomate a livello turistico?

Quando il Presidente Mario Draghi ha presentato alle camere il Piano nazionale di ripresa di resilienza ha espresso un concetto che dobbiamo cominciare a imparare se vogliamo rimetterci in corsa come Paese, quello di Unione. Per il turismo di montagna questo si traduce nella necessità che i comuni facciamo progetti con altri comuni, con società sportive, con Fondazioni, con le comunità montane… il futuro sarà questo “mettersi insieme”, in particolare nelle aree che adesso per vari motivi sono disgregate. È nel carattere dei montanari fare da soli, ognuno per conto proprio, però il mondo sta cambiando e il Covid ci ha cambiato. Abbiamo bisogno gli uni degli altri se vogliamo tornare a essere vincenti.

 

È possibile fare tutto questo preservando le caratteristiche ambientali della Montagna?

Lo sviluppo deve essere sostenibile, però ci deve essere. Parliamo di un ambiente che costituisce più della metà del territorio italiano, non possiamo pensare che le montagne siano tutte aree protette. Sono anzi zone molto antropizzate, persino all’interno dei parchi nazionali vivono delle persone. La montagna fa parte della vita dell’uomo, non si può mettere dentro una teca di cristallo. Certo ci deve essere la capacità di trovare equilibrio in un ecosistema in cui le persone sono a stretto contatto con animali, vegetazione, ruscelli e via dicendo. Con le nuove tecnologie è davvero possibile trovare questo equilibrio, ma bisogna costruire infrastrutture (in primis quelle tecnologiche) affinché si possa vivere la Montagna in maniera sostenibile e rispettosa delle sue caratteristiche ambientali. Ed è fondamentale per il turismo!

 

Cos’è per te il turismo montano?

Al di là del lato più sportivo, quindi dello sci ad esempio, la cosa più bella per me è immergersi nella vita di Montagna: arrivare in un alpeggio, dar da mangiare ad un agnello, sentire gli odori e i suoni…fare esperienze genuine. La Montagna è veramente il simbolo dello Slow, ma di uno Slow pieno di valore e significato. Ma bisogna anche sapere cosa aspettarsi! Ad esempio, in Montagna si possono mangiare frutti di bosco appena colti, fa parte dell’esperienza complessiva. Non è che si può arrivare in una Malga e pretendere di mangiare un’arancia. Quella si trova, buonissima, in Sicilia. Secondo me il turismo è anche capire che cosa appartiene al luogo in cui ci si trova.

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Credi che l’esperienza del Covid darà nuovo slancio al turismo outdoor?

Ne sono convinta, con il Covid, abbiamo sperimentato che cosa vuol dire essere obbligatoriamente chiusi dentro in casa. Questa esperienza ha fatto capire a molti l’importanza della libertà di movimento e si è tramutata in una vera e propria esigenza di respirare all’aria aperta per riprendere l’equilibrio con loro stessi. Come esseri umani stiamo riscoprendo la bellezza di ritrovarci in mezzo alla natura, e io credo che questo sia una delle formule del turismo più forti.

 

Da atleta hai viaggiato in tutto il mondo, in che modo metterai a frutto la tua esperienza internazionale nel ruolo di consigliera per il turismo italiano?

Valorizzando le radici dei luoghi di Montagna e avendo la consapevolezza che dipende da noi far emergere i tratti del nostro territorio che hanno più valore. Ho visto che i luoghi che turisticamente hanno più successo sono quelli che hanno saputo mostrare un volto autentico ai visitatori. Penso ad esempio alla Scandinavia, dove lo sci nordico è profondamente radicato nella vita quotidiana perché nasce dall’esigenza originaria di spostarsi e cacciare sulla neve. È vero che in Scandinavia adesso ci sono anche impianti di sci alpino, ma certamente la concentrazione maggiore di risorse e di energie rimane sulla valorizzazione della forma di sci che è più legata al territorio. Il turista in fondo vuole riportare a casa delle esperienze genuine, imparare a conoscere nuove realtà. Se ne accorge quando si perde qualcosa o vive esperienze artefatte.