La furbissima polemica del furbissimo Fedez ha focalizzato la discussione sulla parola “censura”. Nascondendo altri significati reconditi: la pochezza delle sue canzoni, l’obsolescenza del concerto del 1° maggio se racchiuso in una bolla senza pubblico e a compartimento stagno, la

Fedez durante un suo concerto – Foto di Greta via Flickr

marginalità dei sindacati non più graziati dal consociativismo, l’ipocrisia dei politici che hanno plaudito al suo intervento. Ci soffermiamo su quest’ultimo punto facendo osservare il curioso e contraddittorio ossimoro scaturito da queste approvazioni. Letta, Conte e chi per loro hanno criticato la “presunta censura” e, ovviamente “i presunti censori” senza considerare che sono proprio i loro partiti di riferimento che hanno insediato al vertice quei responsabili. Dunque hanno rivolto un’accusa che è stato come un boomerang per chi ha saputo correttamente interpretare quelle improvvide uscite. Perché tutti i vertici dell’azienda mediatica di Stato fanno riferimento a una fazione ed è a lei che devono relazionarsi per politica aziendale e gestione del personale.

Quando Bruno Vespa evocava nella DC il suo editore riferimento citava il partito che gli ha permesso di consolidarsi a Saxa Rubra per un quarantennio. Un’affermazione che faceva scandalo ma rispecchiava realisticamente la realtà. Lo stesso Movimento Cinque Stelle (oggi nei fatti un partito vero e proprio) al momento delle nomine non ha perso l’occasione per infilare nei posti di comando i propri uomini (esempio, Carboni). La corsa alla tessera o all’iscrizione ha riguardato anche professionisti sessantenni che c’hanno messo un minuto a cambiare bandiera.

Beato il tempo in cui i giochi erano più chiari: Rai uno alla DC, Rai due ai socialisti, Rai tre al Partito Comunista. Oggi la situazione è più

RAI – Foto di Marco Gentili 

sfrangiata e dialettica, omogenea all’inesistenza reale del vincolo di mandato, fattore destabilizzante che ha consentito a circa 140 eletti di cambiare schieramento nel corso della legislatura determinando una maggioranza labile quanto schizofrenica. Dunque lo slogan: “Fuori i partiti dalla Rai” contiene una falsità demagogica evidente. Se la RAI non è la BBC i motivi sono evidenti. La politica ha interesse a lottizzare la Rai e a mantenere precisi steccati di forza. E dato che la politica non è capace di auto-emendarsi, neanche la Rai auto-contaminata ne sarà mai, per definizione, capace. I Marzullo, i Di Mare, le Capitani sono tutti in quota con una dipendenza che è figlia di una constatazione che vale anche per la carta stampata: in Italia non esistono editori puri.

O vogliamo sostenere che i Caltagirone, i Cairo, gli Elkann si battono per la libertà di stampa quando hanno costituito dei resistenti e coriacei oligopoli?