Le lunghe discussioni sulla giustizia, che hanno occupato il Parlamento prima della pausa estiva, impongono alcune brevi riflessioni sul sistema Giustizia italiano.

Come è noto, seguendo la dottrina classica, la nostra Carta costituzionale individua i poteri dello Stato in: legislativo, esecutivo e giudiziario. In riferimento quest’ultimo l’articolo 111 della Carta costituzionale impone l’equidistanza del giudice rispetto alle parti, la presunzione di innocenza fino al passaggio in giudicato della sentenza, il diritto alla difesa, il controllo di legittimità della Corte di Cassazione e segnala, in particolar modo, la ragionevole durata del tempo del giudizio.

Il richiamo alla tempistica dei processi ci ricorda che l’Amministrazione della giustizia non solo deve garantire ai cittadini un giusto processo, ma deve farlo in tempi ragionevolmente brevi, perché le decisioni in ogni campo del diritto (civile, penale, amministrativo, tributario) debbono intervenire utilmente ripristinando, nel più breve tempo possibile, la legittimità lesa e restituendo al sistema sociale la propria piena legalità.

Proprio a causa del fattore tempo si sono, ormai da molti lustri, prodotte le doglianze per il cattivo funzionamento della “macchina” della giustizia; ciò ha determinato rilevanti conseguenze nel settore economico del Paese in quanto molti investitori stranieri hanno preferito altre localizzazioni all’Italia.

  1. A) Invero, per ciò che concerne il processo civile, malgrado il tentativo di razionalizzare i tempi di questo, posto in essere già con la legge 89 del 2001, nessun risultato utile si è potuto riscontrare dalle varie riforme, che hanno interessato il rito civile.

Purtroppo, tutte le modifiche attuate dal legislatore, nel corso del terzo millennio, sono state fatte a costo zero producendo un risultato analogo al costo investito.

Non è continuando a modificare le norme processuali che può realizzarsi un utile funzionamento del rito civile in una tempistica rispondente al parametro costituzionale. Nel settore civile è necessario operare potenziando gli organici, non solo dei giudici, ma anche degli ausiliari, investire in maniera rilevante sulle nuove tecnologie e ridisegnare la collocazione geografica degli uffici giudiziari.

Anche il ricorso alle ipotesi alternative al giudizio (ADR) rischia di avere scarsissima efficacia se esso non viene accompagnato da una radicata cultura della “pacificazione”. Tale cultura potrà dirsi effettivamente tale se nelle Università, accanto alle cattedre che illustrano i sistemi processuali, verranno istituite cattedre di negoziazione, in grado di far comprendere ai cittadini che la giustizia può realizzarsi anche attraverso l’accordo delle parti e non solo in virtù di una sentenza emessa da un giudice.

Inoltre, sarà necessario operare sui tempi “morti” del processo, dotando l’“Ufficio del processo” di strumenti idonei ad eliminare le lunghe attese, ad esempio attraverso l’accorpamento, in un’unica udienza, di giudizi relativi allo stesso gruppo di materie, consentendo, in tal modo, una più completa istruzione e valutazione dei giudizi.

Dovrà essere, inoltre, eliminato il ricorso alla magistratura onoraria, che, oltre ad essere di dubbia costituzionalità, non ha dato una utile ed efficace prova. I processi vanno affidati esclusivamente a Magistrati di carriera, così come ricorda l’art. 106 della Carta costituzionale.

  1. B) Anche per quanto riguarda il giudizio amministrativo, le cause, dei lunghi tempi di esso, vanno ricercate nella eccessiva complessità delle norme (v. ad esempio il Codice degli appalti) che dovranno essere, per il futuro, più chiare e sintetiche.

Anche l’eccessivo ricorso alla “giurisdizione esclusiva” non ha consentito il sollecito accesso alla giustizia amministrativa, dando vita a, non pochi, problemi di giurisdizione.

Anche per il rito amministrativo sarà necessaria una congrua spesa, idonea a garantire, oltre all’incremento dei magistrati (da destinarsi alle sole funzioni giurisdizionali), anche una implementazione delle tecnologie, al fine di rendere moderno e celere anche questo giudizio.

  1. C) In merito alla giurisdizione tributaria sarà necessaria una coraggiosa riforma in grado di istituire, finalmente, una Magistratura tributaria di ruolo, con giudici selezionati a seguito di concorso ed, ad un tempo, dar vita ad una riforma del processo idonea a garantire quanto previsto dalla Costituzione, in merito al diritto alla difesa.

In sostanza vanno estese le norme del “giusto processo” anche alla giustizia tributaria.

  1. D) Riflessione a parte merita il processo penale.

Invero, l’ampia discussione politica, che si è svolta sul tema, anziché fermare la sua attenzione sulla struttura del processo, si è limitata a considerare i disservizi derivanti da esso.

Discutere sulla prescrizione e/o sulla improcedibilità equivale a fermare l’attenzione sul dito, che indica la luna, piuttosto che non osservare la luna nei suoi crateri e/o disservizi.

Sarà necessario, per il futuro, cogliere lo stimolo ed i fondi che ci derivano dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) per realizzare un moderno processo penale, in grado di giungere alla sua naturale conclusione, la sentenza di condanna o di assoluzione, unica in grado di realizzare la funzione giurisdizionale che la Costituzione affida allo Stato.

* * *

Photo by Bill Oxford on Unsplash

In conclusione, la questione Giustizia in Italia potrà risolversi, esclusivamente, se verranno poste in essere riforme in grado di investire seriamente sulla Giustizia, implementando gli organici dei magistrati e quelli degli ausiliari del giudice e ridistribuendo, sul territorio, gli uffici giudiziari da dotare, in misura rilevante, di moderne tecnologie.

Inoltre, sarà necessario dar vita, anche attraverso il coinvolgimento delle Università, ad una vera e propria cultura della pacificazione, da collocarsi accanto a quella della lite, al fine di far ritenere che la tutela dei diritti del cittadino non passa solo attraverso le sentenze, ma si realizza anche attraverso le ipotesi alternative al processo.

Infine, il legislatore dovrà rifuggire, per il futuro, la tentazione sempre più frequente, di voler regolamentare, con le leggi, l’esito dei giudizi, riducendo, a poco o nulla, il potere discrezionale del giudice. La funzione Giustizia necessita, in realtà, di tale discrezionalità in quanto la componente valutativa deve essere sempre e comunque esercitata, caso per caso, dal giudice facendo ricorso alla sua valutazione discrezionale, al fine di giungere ad un equo giudizio.

Auguriamoci che i fondi, messi a disposizione dall’Unione Europea, consentano di fare una riforma della Giustizia che metta in condizioni il Paese di ripartire, lasciandosi alle spalle la crisi economica causata dalla pandemia.