Ripartiamo da una considerazione di Le Corbusier: «Dobbiamo ricordarci sempre che il destino delle città viene deciso in municipio». Quindi quando progettiamo ci sforzeremo di farci approvare i progetti e di prevedere negli stessi schemi ordinati, linee armoniose, impianti accurati ed efficienti, spazi ben definiti a seconda delle destinazioni urbanistiche e degli specifici utilizzi, pubblici o privati, e soprattutto cercheremo di lavorare con chiarezza di intenti.

E con tutto questo, ci premuriamo di costruire degli edifici “belli”. Per ri-citare Le Corbusier: «Certe case e certi palazzi sono belli perché, in mezzo all’apparente incoerenza, sono luoghi geometrici, luoghi in cui regna la matematica applicata, la geometria, dunque la vera gioia». Ma una città progettata solo su basi estremamente razionali potrà essere efficiente ma priverà i suoi abitanti del piacere delle scoperte casuali, della capacità di stupirci mentre la si attraversa e ci si aspetta di scoprire cose inaspettate.

Riconosciamo che in Architettura la bellezza è il frutto delle relazioni tra le parti, non c’è niente di brutto in sé, ma tutto dipende dalla misura, dalla posizione e dalla proporzione degli elementi. In particolare l’impressione di bellezza che ricaviamo da un’espressione architettonica è spesso in relazione diretta con l’intensità delle forze – ambiente con cui si confronta, come la forza di un ponte si rapporta con la violenza del fiume, la maestosità di un grattacielo con lo spazio che lo fronteggia, etc. Ma per garantire il fascino di una costruzione occorre più di questo. Vi è una sottocategoria della bellezza, che definiamo “eleganza”, e la percepiamo quando la qualità dell’opera architettonica, con forza e modestia, riesce a mettere in evidenza il suo vigore senza richiamare l’attenzione sulle difficoltà che ha dovuto superare per ergersi, in pratica si mostra con apparente naturalezza mentre svolge il compito per cui è stata costruita. Un’altra importante virtù accessoria delle opere architettoniche ben riuscite è l’equilibrio. Tutte le volte che si riesce a mediare abilmente tra una serie di opposti, come il vecchio e il nuovo, il naturale e l’artificiale, il modesto e il lussuoso, il risultato che immediatamente si creerà sarà un sinuoso equilibrio.

Gli elementi architettonici e i materiali in questi casi si saranno docilmente sottomessi al volere dei progettisti, e avranno trovato il modo di assoggettarsi alle abili ed esperte competenze dei carpentieri, dei fabbri, dei muratori e di tutti gli altri artigiani per contribuire ad un unico concerto di forme complesse e dinamiche che ci emozioneranno. Se analizzeremo ancor più in profondità apprezzeremo anche un’altra qualità nell’Architettura: l’Ordine. Ma il nostro amore per l’ordine ha dei limiti: lo apprezziamo di più quando percepiamo che è accompagnato dalla complessità, quando sentiamo che i vari elementi sono ordinati tra loro ed intrecciati in uno schema intricato e regolato allo stesso tempo. Nel cuore di ogni genere di grandezza c’è il concetto di ordine, e non è necessario che i motivi si ripetano regolarmente in moduli rassicuranti, ma è fondamentale che i vari elementi si accordino in un percorso coerente, in un gradevole effetto appunto di armoniosa complessità.