Ha visto la luce il 10 ottobre, in occasione della Giornata mondiale della salute mentale, la monumentale ricerca Headway 2023 – Mental Health Index, opera di The European House Ambrosetti e Angelini Pharma. “Il solito paper scientifico che interessa solo gli specialisti” si potrebbe pensare. Non ci potrebbe essere errore più grande: è infatti la prima volta che vengono messi a disposizione i dati disponibili sulla Salute Mentale nei ventisette Paesi UE e nel Regno Unito, e le relative risposte dei sistemi sanitari e sociali tra cui scuola e lavoro. Un lavoro che potrebbe davvero segnare un approccio diverso, finalmente unitario a livello europeo, in materia di salute. Colpisce la grande variabilità di approcci: risorse economiche, servizi e strutture sanitarie e servizi sociali e assistenziali per i pazienti affetti da disturbi mentali sono estremamente diversi da Paese a Paese. “L’index può

diventare uno strumento fondamentale per trovare i punti deboli nella gestione di questi pazienti e nella risposta ai loro bisogni – ha commentato Agnese Cattaneo, Global Chief Medical Officer di Angelini Pharma – Il confronto tra le varie esperienze europee è utile affinché ogni Paese focalizzi l’attenzione su quali servizi sia necessario implementare, quali e quante risorse impiegare per introdurre i miglioramenti necessari”.

Prima della pandemia, il contesto della salute mentale in Europa era già molto preoccupante: si stima che 84 milioni di persone (1 persona su 6) soffrissero di disturbi mentali e che 165.000 morti all’anno fossero dovute a malattie mentali o suicidio, posizionando così le condizioni di salute mentale al quinto posto tra le più comuni e al secondo posto tra le malattie non trasmissibili più invalidanti, rappresentando il 15% del carico di disabilità europeo.

Tra le patologie mentali, le più diffuse sono ansia (5.529 casi per 100mila abitanti) e depressione (4.367 casi per 100mila abitanti) seguite da bipolarismo, disturbo dello spettro autistico e schizofrenia (337 per 100mila abitanti). Il suicidio è la sesta causa di morte nell’Unione Europea nella popolazione di età inferiore ai 70 anni e la quarta causa di morte nella popolazione sotto i 20 anni. I Paesi con il più alto tasso di suicidio sono la Lituania e la Slovenia (rispettivamente 26 e 19,5 casi ogni 100mila abitanti) mentre quelli con il più basso tasso sono la Grecia e Cipro (rispettivamente 4,5 e 4 casi ogni 100mila abitanti); l’Italia registra 5,9 casi.

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L’Italia risulta tuttavia uno degli ultimi Paesi europei, sopra solo a Estonia e Bulgaria, nella percentuale di spesa sanitaria destinata alle malattie mentali: nel nostro Paese solo il 3,5% delle risorse viene destinato in modo specifico alla salute mentale, un valore modesto rispetto alla Germania (11,3%), Svezia (10%) e Regno Unito (9,5%) che superano ampiamente la media generale.

Ad una situazione già così complessa, da due anni si è aggiunta l’epidemia di Covid-19 che ha completamente stravolto la vita personale e lavorativa di tutti, con pesanti ripercussioni sul benessere psico-fisico. Le persone affette da disturbi mentali sono tra quelle che hanno risentito di più dell’interruzione dei servizi di presa in carico: secondo uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il 93% dei Paesi ha riportato una paralisi di uno o più servizi per i pazienti con problemi mentali, il 78% e 75% dei Paesi la completa o parziale interruzione dei servizi di salute mentale, rispettivamente, nelle scuole e nei luoghi di lavoro. La finalità dell’agire condiviso, racchiuso nell’indice, è ridurre il peso dei disordini mentali e progettare una nuova tabella di marcia per la salute mentale in Europa. Questa sfida può essere affrontata e vinta con iniziative che individuino i fattori di rischio e consentano il riconoscimento di situazioni critiche prima che diventino patologiche. Nuove soluzioni, quindi, un adeguato sostegno e la promozione di stili di vita che consentano di far ritrovare a tutti il benessere mentale.