La mattina del 27 Settembre l’Europa si è svegliata nell’attesa più o meno cosciente dei risultati delle elezioni in Germania. Dopo venti anni, il Paese è andato per la prima volta a elezioni senza la possibilità di eleggere Angela Merkel, leader della CDU (Unione dei Cristiano Democratici). Merkel ha guidato la Germania – e in un certo senso l’Europa – di crisi in crisi, di sfida in sfida; una politica unica nel suo genere, che è riuscita a rimanere una leader affidabile e moderna, creando ampio consenso anche al di fuori dell’elettorato tradizionale del proprio partito. Sorprende quindi solo fino a un certo punto che la CDU abbia fatto, a livello nazionale, il peggior risultato da tanto tempo. Il nuovo governo sarà dunque guidato dai socialdemocratici (SPD) nella coalizione di centro-sinistra di cui faranno parte i Verdi (Grüne) e i Liberali (FDP).

Le consultazioni stanno procedendo più spedite di quanto si potesse immaginare inizialmente, con la possibilità che il governo venga formato prima di Natale. Ma nell’epoca in cui viviamo, e specialmente nell’era del Covid, durante la quale il virus ci ha messo di fronte all’evidenza che la collaborazione internazionale non è solo un’opportunità, ma una questione di sopravvivenza – le sorti dei nostri vicini teutonici ci riguardano più che mai. Due i punti da attenzionare:

La transizione ecologica.

All’indomani della COP26, i cui risultati sono contemporaneamente scoraggianti e incoraggianti vista la situazione emergenziale in cui ci troviamo, è necessario l’impegno di tutte le grandi potenze non solo per mettere in atto politiche verdi nei singoli Paesi, ma anche per fornire un compasso politico, industriale e tecnologico all’interno dell’Unione. La presenza dei Verdi, ed in particolare dei molti eletti del partito che hanno legami diretti con i movimenti per il contrasto al cambiamento climatico, dovrebbe in questo senso garantire che il tema sarà al centro dell’agenda politica tedesca per i prossimi anni. E in effetti, una vittoria dei movimenti di protesta – che hanno molte voci e molte forme ma che per il grande pubblico sono incarnati dalla giovane attivista Greta Thunberg – è proprio quella di aver reso il tema mainstream, ossia non più di nicchia ma oggetto di dibattito in maniera trasversale.

La politica economica e monetaria europea.

Questo probabilmente il tema più spinoso: Next generation EU, è ed è stato non solo un metodo efficace per fronteggiare lo shock del Covid, ma anche un gigantesco passo nell’unificazione europea creando, de facto, un sistema di debito comune, purtroppo solo temporaneo. Ma nella visione dell’FDP lo strumento deve rimanere temporaneo e a questo si sostituirebbe un non meglio specificato meccanismo di stabilità europea. Ma fare passi indietro rispetto a quanto raggiunto durante la crisi significherebbe non solo una occasione persa verso il raggiungimento di una Unione Europea veramente unita, il cui valore – al di là del legame emotivo che i millennial come me sentono fortemente – è quello di poter essere una voce più influente rispetto alla somma delle sue parti nell’affrontare le sfide della nostra epoca; ma anche un potenziale ritorno a vecchie politiche austere che hanno danneggiato fortemente sia i sistemi economici che la fiducia dei cittadini nella politica in generale e in quella europea in particolare.

Certo il clima sembra molto diverso oggi rispetto ad allora, ma la direzione che prenderà il governo tedesco sarà la cartina da tornasole che potrà indicarci se abbiamo imparato la lezione.