Gli strani casi delle democrazie liberali. L’autoreferenziale concetto di una stampa libera in uno Stato liberale barcolla quando viene cassato dai palinsesti un programma e non in ragione degli indici di ascolto (eccellenti) ma per una sorta di censura calata dall’alto.

Carlo Fuortes

I prodromi della mannaia su Carta Bianca, piccola oasi a misura di Berlinguer, erano stati annunciati dall’amministratore delegato Fuortes con una riflessione pubblica sul futuro problematico dei talk show. Uscita strumentale, corroborata da una chiamata a Palazzo Chigi, da un giro di vite istituzionale e dal successivo ufficializzato provvedimento. Censura da destra o da sinistra? C’è una differenza sostanziale rispetto all’epurazione di Biagi & Luttazzi & Santoro quando il carnefice era Berlusconi? Ora il convitato di pietra, l’eversore che lancia il sasso e ritira la mano è il Pd. Difatti tra i tanti partiti e singoli che hanno espresso solidarietà alla Berlinguer non c’è stata una sola voce proveniente dal partito di Letta. Il Pd che censura (la) Berlinguer, curioso quasi rivoltante ossimoro! La discussione e l’analisi sulla guerra Russia-Ucraina è infatti argomento che tocca la sensibilità e gli equilibri del Governo in cui il Pd è prudente garante. A pensare male, una volta di più, ci si azzecca.

Nel salotto della Berlinguer l’ospite con le opinioni più spiccate e sottilmente provocatorie era il prof. Orsini, esperto di terrorismo. Prima lo hanno obbligato a rinunciare a un cospicuo contratto, poi, di conseguenza, lo hanno definitivamente cancellato dal programma anche se l’interessato aveva rinunciato a ogni forma di compenso, prediligendo di comparire in un talk che peraltro ospitava voci diverse e dissonanti.

Dovremo ripensare a questi sviluppi quando ci scandalizziamo per la feroce censura russa (non priva a volte di oscure conseguenze fisiche per i dissidenti), riflettendo sulla reale democrazia di pensiero in un Paese in cui il presidente della Repubblica viene riconfermato per l’insipienza del bacino dei possibili eredi, in cui il presidente del Consiglio viene investito della carica da una decisione dall’alto del Quirinale, dove la percentuale degli elettori effettivamente votanti scende di convocazione in convocazione.

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Non si muore per Danzica, nonostante ogni enfasi, qui non si muore per Mariupol e neanche per la Berlinguer. Anche se sostanziali, infiniti, ulteriori slittamenti fanno franare livello e possibilità di dibattito. La Rai, al di là di ogni demagogia, non è la Bbc, è ferocemente agganciata alla politica, ai suoi niet, ai suoi diritti di veto, alla volontà di cancellazione di oasi di voci dissidenti. Fuortes quando deve decidere deve fare i conti con i suoi azionisti di riferimento, come ebbe a testimoniare in altro contesto, ingenuamente ma realisticamente, a suo tempo Bruno Vespa. Ora per la verità l’azionista di riferimento ha un’identità confusa se dall’ultimo sondaggio risulta che il partito con più consensi è Fratelli d’Italia (21,3%) che poi è l’unico escluso dal Governo dei Migliori. Vorrà pure dire qualcosa? Come pure non si può trascurare che la maggioranza degli italiani è contraria all’invio delle armi in Ucraina, nonostante il diverso parere della coalizione che decide.

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