E allora parliamo di carceri…di San Vittore, per meglio dire di una canzone che ne parla, tristemente e con dolore, senza voler qui parlare della condizione carceraria in Italia, ma per ricordare.

foto da Inside Carceri licenza CC BY-NC 2.0.

“Porta Romana bella” è una canzone popolare milanese risalente al diciannovesimo secolo, legata al mondo della microcriminalità di Milano ed è una canzone di galera. L’autore è ignoto di quella che è una delle più celebri canzoni popolari del repertorio milanese. Tra gli altri, l’hanno eseguita artisti come Giorgio Gaber, i Gufi e Nanni Svampa. Il testo, come spesso accade per le canzoni popolari, ha subito numerose varianti, alcune più sentimentali, altre più licenziose, ora quella che segue è una delle versioni più tradizionali, anche se inizia con una strofa un po’ spiritosa e a doppio senso, ma subito si sente la mano dell’uomo di strada:

 

Porta Romana bella, porta Romana,

ci stan le ragazzine che te la danno,
ci stan le ragazzine che te la danno:
prima la buonasera e poi la mano.

E gettami giù la giacca ed il coltello
che voglio vendicare il mio fratello,
e voglio vendicare il mio fratello,
e gettami giù la giacca ed il coltello.

In milanese stretto si tratta della “ligera” o “lingera”, ovvero i ladruncoli, il borsaiolo, il pataccaro, il giocoliere delle tre carte, gente svelta di mano e col coltello in tasca … che fanno parte del mondo della ligera.

La Porta Romana che vediamo oggi è quello che rimane dell’arco monumentale fatto costruire da Filippo III di Spagna nel 1596, inserito nelle mura spagnole, i famosi “bastioni” oggi completamente spariti. Era una delle sei principali porte di Milano che era l’ingresso ad uno dei sei storici sestieri in cui era divisa la città nel 1600.

“Carcere San Vittore” Foto da Inside Carceri licenza CC BY-NC 2.0.

La costruzione del nuovo carcere venne decisa dopo l’Unità d’Italia con altri provvedimenti di miglioramento delle infrastrutture milanesi, sfruttando anche gli edifici di ex conventi, come quello di San Vittore. Divenne un edificio a sei bracci di tre piani l’uno, tra i raggi vennero costruite le cosiddette “rose” di passeggio, divise in venti settori destinati ciascuno a un singolo detenuto, per impedirne la comunicazione tra di loro.

 

 

E allora continua, con rabbia e dolore:

La via a San Vittore l’è tuta sasi,
l’ho fatta l’altra sera a pugni e schiaffi,
l’ho fatta l’altra sera a pugni e schiaffi.
la via a San Vittore l’è tuta sasi.

La via Filangeri l’è un gran serraglio,
la bestia più feroce l’è ‘l commissario,
la bestia più feroce l’è ‘l commissario,
la via Filangeri l’è un gran serraglio.

Vicino a Porta Romana, a circa tre chilometri, c’è piazza Filangieri, al numero 2 c’è il carcere di San Vittore; il resto lo dice questa canzone, che è ben lontana dall’essere una canzone allegra. Nel gergo della piccola criminalità milanese l’espressione dialettale al dù, che significa al due, identifica il carcere di San Vittore, in riferimento proprio al suo numero civico.

E ancora, più triste ma reale:

In via Filangeri ghé una campana:
‘gni volta che la sona l’è ‘na cundana,
‘gni volta che la sona l’è ‘na cundana,
in via Filangeri ghé una campana.

Prima faceva il ladro e poi la spia,
e adesso è delegato di Polizia,
e adesso è delegato di Polizia,
prima faceva il ladro e poi la spia.

Foto da Inside Carceri licenza CC BY-NC 2.0.

O luna che rischiari le quattro mura
rischiara la mia cella ch’è tanto scura,
rischiara la mia cella ch’è tetra e nera:
la gioventù più bella morì in galera.

Ci sono tre parole in fondo al cuore:
la gioventù, la mamma ed il primo amore.
La gioventù la passa, la mamma muore
e te restet cume un pirla col primo amore.

C’è poi una strofa particolare:

E sette e sette e sette fanno ventuno
Arriva la volante e non c’è nessuno

 

In origine e in altre versioni diceva:

La banda di Barbieri era attrezzata
faceva le rapine a mano armata
sette e sette e sette fanno ventuno
arriva la volante e non c’è più nessuno…

Barbieri era un bandito dell’Isola, quartiere di Milano, secondo dopoguerra, era definito come una specie di Robin Hood di via Borsieri, che dava parte del maltolto ai poveri del quartiere. Quando rapinava, formando posti di blocco improvvisati e derubando passanti o banche, poi scappava con una Lancia Aprilia nera targata 777, targa falsa, come il numero del centralino dell’epoca della polizia! Da qui la strofa….

Ah…quasi dimenticavo…mio nonno fece per tutta la vita la guardia carceraria e, dopo aver girato varie carceri, fu destinato, intorno al 1920, a San Vittore, fino alla fine della sua vita. I miei nonni, la zia e le mie cugine abitavano in una via confinante, prospiciente al carcere.

Quando da bambino, tra l’altro figlio di un maresciallo capo dei Carabinieri, andavo a trovare i nonni, io romano, avrò avuto sette o otto anni, diciamo nel 1962, guardavo dalla finestra i secondini che giravano sui camminamenti e vedevo uno spicchio di un piazzale dove c’erano dei detenuti…non capivo, chiedevo, ma nessuno mi spiegava, tacevano. Ancora oggi ho quel ricordo

Foto di apertura “Veduta dell’arco di Porta Romana in piazzale Medaglie d’Oro, Milano”

Foto di Paolobon140 da https://commons.wikimedia.org