Dall’intervento di Draghi al Meeting di Rimini, autorevole e strutturatissimo, da banchiere centrale e, questa volta, veramente commosso dal fragore degli applausi, sono scaturite le seguenti considerazioni di attualità nell’imminenza delle elezioni, ove si delineano due schieramenti trasversali tra pro e contro Draghi e la fantomatica Agenda.

Di Draghi ce n’è solo uno e solo lui sa suonare, piaccia o non piaccia, la sua musica. Draghi ha parlato e sottolineato come si ottiene ed il valore enorme dell’autorevolezza internazionale che les Italiens sono condannati a guadagnarsi attimo per attimo, come una dannazione di Tantalo.

Conte e tutti gli altri candidati premier imparino che la differenza tra loro e Draghi è che loro erano e sono portati dal Paese, Draghi porta lui il Paese all’autorevolezza. Quindi, a meno di non voler proporre improbabili scimmiottamenti da baraccone, ridicoli a livello internazionale, bisogna andare oltre Draghi, con la forza e l’indole della Politica, che Draghi non ha e non avrà mai.

Zaccagnini assieme a Enrico Berlinguer e Aldo Moro nel 1978

Parafrasando un memorabile intervento di Zaccagnini al Congresso DC dopo le drammatiche elezioni del ‘75 (se ricordo bene) del possibile sorpasso del PC: se l’Europa ci chiede le riforme (Draghi ritiene sufficienti quelle che sta eseguendo puntualmente, come ha testimoniato, nei fatti, l’approvazione di buona parte dei decreti attuativi delle riforme già approvate dal Parlamento), noi ne faremo di più e più radicali. Se l’Europa ci chiede politiche di bilancio responsabili (perché conviene anche a loro che noi restiamo convitti dal debito pubblico), noi ne faremo di più, diverse e ulteriori, che incidano profondamente sull’attuale assetto socioeconomico (quindi non solo della P.A.), disfunzionale alla crescita ed al progresso del Paese, che ipotechino qualsiasi possibilità di incremento della produttività, che vede il nostro Paese negli ultimi venti anni lontano fanalino di coda dell’Europa.

Tali Reforms, come dicono le Guidelines NGEU, devono consentire, altresì, il prepotente emergere dell’incommensurabile capitale inagito (specie di giovani) del Paese per lo sviluppo, che polverizzi il carico del debito che pesa sempre ed unicamente in rapporto al PIL ed alle sue dinamiche di crescita.

I mercati, che speculano sui trend, anticiperanno così lo spread strutturale, senza l’apporto esogeno di figure totemiche quale Draghi, ai minimi. Guadagneremo così dignità e forza internazionale di un Grande Paese, cosa che, dal punto di osservazione dello stesso Draghi, noi saremmo già, in termini forse consolatori, con lui alla guida, ma che dobbiamo lavorare duramente affinché ci venga riconosciuto come Paese di una comunità di italiani concordemente tesi allo stesso obiettivo.

Quindi, Italia in piedi! Ma sul serio, non con le ridicole, grottesche parate con le facce feroci ovvero con copie stinte dell’originale, bensì con la forza della produzione creativa e la gioia di vivere, che sono nostre, italiane, e solo nostre.

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