Harold Nicolson, celebre storico autore dell’opera “Storia della Diplomazia” affermò che l’Italia «Invece di fondare la diplomazia sulla potenza, basa la propria potenza sulla diplomazia» *.

Il governo Draghi ha effettivamente incarnato tale spirito. Il premier ha saputo usare abilmente lo strumento diplomatico per dare dinamismo ad una politica estera chiamata ad affrontare un susseguirsi di crisi. Il governo che verrà dovrà dunque agire nel solco del precedente esecutivo, tenendo salda la barra per affrontare diverse sfide.

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La via maestra rimane quella dei cardini della nostra politica estera – europeismo, atlantismo, mediterraneo. Tali priorità continueranno a dettare il dossier del conflitto in Ucraina e le sue ripercussioni internazionali. Sia sul fronte atlantico che su quello europeo, l’Italia ha dimostrato non solo risolutezza ma anche uno spirito proattivo nella gestione della guerra. Dal rafforzamento del fianco orientale della NATO all’invio di sistemi militari all’Ucraina passando per le massicce sanzioni alla Russia, il governo Draghi ha sempre confermato la propria adesione. In particolare, l’esecutivo ha dato il proprio contributo sia alla strategia di pressione sul Cremlino, proponendo l’esclusione di diverse banche russe dal sistema finanziario SWIFT, sia alla strada della mediazione presentando un piano di pace “in 4 tappe” al Segretariato ONU ed includendo l’Italia nel «gruppo di garanzia» per un possibile trattato di sicurezza sull’Ucraina. Il futuro inquilino di Palazzo Chigi dovrà dunque mitigare le critiche che alcune compagini politiche esprimono rispetto alle modalità del nostro sostegno a Kiev.

A livello europeo, il governo si dovrà immediatamente confrontare con la necessità di misure adatte a fronteggiare il picco inflazionistico e l’aumento del prezzo delle forniture energetiche a seguito del blocco dei flussi di gas russo. L’Italia dovrà far sentire con forza la propria voce su tematiche chiave per l’interesse nazionale quali il “price cap” sul gas ed il disaccoppiamento dell’elettricità. L’esecutivo Draghi è stato abile nel portare avanti una diversificazione delle forniture energetiche attraverso nuovi accordi con vari paesi quali Algeria, Azerbaijan, Qatar, Congo, Angola, Egitto e Mozambico ma raggiungere una reale politica energetica esterna a livello di Unione permetterebbe di acquisire un forte peso negoziale in tali trattive. L’Italia non deve perdere neanche l’occasione per poter approfondire l’integrazione dell’industria della difesa continentale, data la presenza sul nostro territorio di aziende di punta del settore quali Finmeccanica/Leonardo.

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L’Italia si deve inoltre preparare a svolgere una politica proattiva nel cosiddetto “Mediterraneo allargato”, sbocco naturale della nostra politica estera. In questo quadrante la scarsità di materie prime come grano e combustibili rischia di fare da detonatore in situazioni già estremamente critiche. Il rialzo dei prezzi di beni di base rischia di creare situazioni d’instabilità simili a quanto recentemente accaduto in Sri Lanka, mentre il Corno d’Africa è scivolato in una crisi umanitaria senza precedenti. Queste problematiche erodono gli interessi italiani e minacciano di innescare una nuova massiccia crisi migratoria. È dunque necessario intervenire con rapidità attraverso numerosi progetti di cooperazione allo sviluppo, possibilmente affiancati dall’azione delle organizzazioni internazionali come nel recente accordo con l’UNIDO per lo sviluppo d’impresa in Kenya. Anche i Balcani necessitano di un’attenzione particolare visto il sorgere di nuove tendenze centrifughe in Bosnia ed in Kosovo nonché il riacuirsi delle diatribe greco-turche. In quest’area geografica l’Italia gioca un ruolo rilevante che può essere ulteriormente accresciuto facendosi proponente di quell’approccio di ampio respiro promosso dal ministro degli esteri Martino all’inizio anni Novanta.

Proprio nella regione balcanica è evidente il nostro impegno a tutela dei diritti umani, particolarmente di donne e giovani. L’Italia è tra i maggiori donatori per programmi ONU dedicati alle questioni di genere, come dimostrato da proposte innovative quali la cooperazione con l’UNICEF per prevenire l’abbandono scolastico in Albania o il supporto all’iniziativa UNMIK- EULEX in Kosovo per formare ex-detenute nella pasticceria e facilitarne il rientro nella società.

Sul fronte commerciale, al fine di attenuare la congiuntura economica sfavorevole, continuare a sostenere le nostre esportazioni permane una priorità assoluta. Le iniziative di internazionalizzazione delle PMI e promozione del “Made in Italy” lanciate dal MAECI, tra le quali il “Patto per l’Export” e la campagna “Be IT 2021”, dovranno essere ampliate. Infatti, nell’ultimo anno è esplosa la domanda estera di prodotti tradizionali dell’agrifood italiano come il Prosecco (+25,4% sul 2020) ma anche comparti di nicchia altamente tecnologici quali l’aerospace. L’Italia ha dimostrato di avere le risorse e le capacità per condurre una diplomazia economica capace di sostenere efficacemente le nostre imprese sul mercato internazionale. Dato il rialzo dei tassi d’interesse della Fed, il mercato statunitense dovrà essere seguito con attenzione attraverso strategie volte sia ad incrementare le importazioni di beni italiani che attrarre flussi turistici verso il nostro paese.

Palazzo della Farnesina a Roma – Foto da wikipedia.org CC BY-SA 4.0

Infine, l’Italia è una “potenza culturale” la cui reputazione si nutre di iniziative di cooperazione artistica, scientifica ed accademica. Nell’ultimo anno le nostre rappresentanze diplomatiche, coadiuvate dalla nuova Direzione Generale per la diplomazia culturale del MAECI, hanno organizzato una moltitudine di eventi per promuovere figure di spicco della nostra cultura come Dante, Caruso e Pasolini nonché consolidare le relazioni culturali a livello bilaterale e multilaterale. La nostra ratifica, insieme ad altri sette paesi, della Convenzione di Nicosia sui crimini riguardanti il patrimonio culturale esemplifica il tipo di misure necessarie per il rafforzamento del nostro status internazionale.

In conclusione, dato il contesto della guerra in Ucraina e le sue conseguenze economiche, le relazioni internazionali sono tornate al centro del dibattito pubblico. L’esecutivo uscente ha saputo cogliere importanti successi sul fronte della politica estera. Il futuro governo dovrà essere in grado di seguire la scia del predecessore continuando un approccio dinamico capace però di rimanere saldo nei binari dei tradizionali cardini della diplomazia italiana.

* Harold Nicolson, Storia della diplomazia, Carbaccio editore, 1995

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