“La cartolina è arrivata, l’ha trovata una vicina di casa infilata nello stipite della porta e ci ha telefonato”. Mariana mi parla di come sta cambiando la sua vita da quando suo marito ha ricevuto la convocazione militare per andare in guerra e mi racconta i particolari delle preoccupazioni pratiche, come se queste potessero oscurare l’ansia e le paure.
Da qualche anno Mariana fa la badante in Italia e si occupa come molte sue connazionali degli anziani che per negligenza o per necessità noi lasciamo soli, rendendo la loro vita più sicura e serena.
“Adesso XXX (il marito n.d.r.) sta in viaggio per tornare in Ucraina per presentarsi ma per ora noi abbiamo deciso di non dirlo a nessuno, né ai nostri due figli, che hanno 15 e 21 anni, e neanche ai nostri genitori per non farli preoccupare e aspettiamo di capire cosa gli succederà veramente e dove dovrà andare prima di parlarne”.
Quando la cartolina è arrivata XXX infatti si trovava in Inghilterra dove una famiglia lo ospitava insieme ai suoi due figli nell’ambito del programma di “sponsoring” che dallo scoppio della guerra permette alle famiglie britanniche di ospitare le famiglie ucraine mentre il governo garantisce loro un permesso di soggiorno per tre anni per poter lavorare o studiare.
Ma all’arrivo della cartolina XXX ha deciso subito di partire perché come mi racconta Mariana “dall’inizio della guerra lui ha sempre detto che se lo avessero chiamato lui sarebbe partito e poi ovviamente non vuole rischiare di essere dichiarato disertore, perché tra l’altro nessuno di noi avrebbe più il coraggio di rientrare a Leopoli. Inoltre i suoi ex colleghi della scuola di polizia con cui ha studiato sono già partiti e lui li vuole raggiungere”. Gli altri membri della famiglia di Mariana sono sempre rimasti in Ucraina, nella regione vicino a Leopoli, e alcuni sono anche già partiti per il fronte, ma allo scoppio della guerra in febbraio la figlia maggiore Maria ha voluto partire come alcuni suoi amici di Kiev che erano venuti a trovarla. “Il giorno prima dello scoppio della guerra erano arrivati alcuni amici del suo ragazzo da Kiev – racconta Mariana – e sembrava quasi che si aspettassero qualche cosa perché con il telefonino vedevano che c’era una strana concentrazione di aerei nei cieli ucraini e alla mezzanotte del giorno dell’invasione sono andati tutti alla frontiera con la Polonia e sono partiti. Ma mia figlia non ha voluto lasciare da solo suo fratello e io le ho detto che se voleva partire poteva portare Svetosar dagli zii. E così Maria è andata a piedi alla frontiera e ha aspettato due giorni al freddo ma non è riuscita a partire. Allora ha preso un taxi ed è andata fino al confine con la Slovacchia dove è riuscita a passare nel giro di un’ora e poi ha viaggiato fino a Vienna dove vive una mia amica e poi è andata in Inghilterra anche per perfezionare un po’ la lingua. E quando Maria ha trovato questo sistema di ospitalità anche suo fratello Svetosar ha voluto raggiungerla, accompagnato dal papà”.
“Mio fratello Oleg invece non è stato convocato mentre mio cugino Zakhar è andato di sua sponte a presentarsi già in marzo. Per tre mesi ha seguito una specie di formazione e poi lo hanno mandato a Kramatorsk e adesso è a Bakmut dove fa l’autista e trasporta i feriti e i cadaveri ma lo fa senza mettersi il giubbotto antiproiettile perché pesa 20 chili e gli crea molti problemi alle gambe. Noi siamo preoccupati ma lui dice sempre che andrà tutto bene e dice che non ci dobbiamo preoccupare perché lui è pronto a morire, come tutti i suoi commilitoni perché come dice lui: noi sappiamo per quale motivo siamo qui e non possiamo trasmettere questa guerra ai nostri figli e per questo la dobbiamo finire noi”.
Mariana continua il suo racconto della guerra dicendo che quello che succede è ancora peggio di quello che si racconta e parla di torture e di stupri, anche degli uomini, e mi dice che un suo amico è tornato dal fronte completamente confuso dalle tante contusioni e solo due mesi dopo essere tornato gli sono venuti fuori tutti i mali e si è reso conto di avere delle fratture al piede e alle costole”.
“La guerra ci ha portato via tutto, quest’anno avremmo dovuto festeggiare i nostri 25 anni di matrimonio e i 50 anni di quello dei miei genitori e invece niente” ma malgrado questo, perfino adesso che suo marito sta per partire, Mariana dice che l’Ucraina non deve cedere “o moriamo tutti o vinciamo perché dopo tutte le barbarie che abbiamo visto, per esempio a Bucha o Irpin, abbiamo capito che non possiamo proprio stare sotto i russi”.
Foto di apertura libera da Pixabay