Le prime parole sulla possibile invasione della Russia in Ucraina, le abbiamo sentite alla fine del 2021 come una minaccia imminente nel 2022. Nessuno ci credeva, lasciandosi guidare dal buon senso e logica, perché viviamo in un mondo civilizzato, nel XXI secolo, nell’epoca della digitalizzazione, dove le vite umane rappresentano la massima priorità, in uno Stato indipendente che dal momento della dichiarazione della propria indipendenza ha conosciuto uno sviluppo dinamico in linea con valori e standard europei.

La mia famiglia
Foto dell’autrice

Io e mio marito siamo insieme ormai da 26 anni, dagli anni dell’università dove ci siamo laureati entrambi in legge. Abbiamo costruito insieme le nostre carriere, superando tutte le difficoltà e condividendo tutte le gioie, abbiamo un figlio di 15 anni e una figlia di 6. Io gestisco molti progetti di affari. Per un caso, in una grande holding dirigo il comitato di sicurezza aziendale, occupandomi della tutela delle attività da minacce interne ed esterne. Da anni io e il mio team di professionisti del settore sviluppiamo la politica e la metodologia di prevenzione da conseguenze negative di ogni rischio e minaccia che un’attività commerciale può incontrare. Ma un rischio come quello di una guerra su larga scala con un massiccio sterminio della popolazione e delle infrastrutture nessuno lo poteva immaginare, nemmeno teoricamente. Al momento di ricezione delle prime comunicazioni sulla possibile invasione della Russia non esistevano istruzioni pronte su come difendere le persone, procedure business, attivazioni aziendali. Agivamo a seconda della situazione. Nel gennaio 2022 abbiamo deciso, a titolo di misura preventiva, di fare una parziale rilocazione della nostra attività nell’Ucraina Occidentale. Ma, in fondo, nessuno di noi credeva che questo potesse accadere nella vita reale.

Il mattino del 24 febbraio per ognuno dei 40 milioni degli Ucraini è iniziato con i suoni dei colpi missilistici per tutto il Paese. Questa terribile mattina resterà nella nostra memoria per tutta la vita, perché nel momento in cui abbiamo compreso che era iniziata la guerra tutta la nostra vita si è ribaltata sotto sopra. Tutto quello che avevamo creato, i nostri piani e le strategie per il futuro avevano perso ogni senso. Il compito ora era uno solo: sopravvivere e preservare almeno qualcosa.

Al fronte con gli altri soldati-Foto dell’autrice

Dopo aver svegliato i nostri figli quella mattina, io e mio marito esitavamo a comunicar loro la notizia sull’inizio della guerra. Ma non potevamo nasconderla da loro perché tutti i social erano oramai pieni di immagini di esplosioni che hanno tuonato in tutta Ucraina. Io e mio marito abbiamo diviso i ruoli: lui parla con il figlio da uomo spiegando la situazione, mentre io faccio una conversazione con la figlia. In questa situazione era difficile avere la padronanza di sé stessi, del proprio stato psichico, rendersi conto della situazione, ma mio marito ed io, facendoci animo e dopo aver parlato di tutti i pro e i contro, abbiamo deciso che io, da madre, dovrò provvedere alla sicurezza dei nostri figli, mentre il compito di mio marito sarà difendere il nostro Paese.

A casa ma col pensiero al fronte-Foto dell’autrice

Così, sin dai primi giorni mio marito si è arruolato da volontario, e io, dopo aver raccolto la nostra vita in pochi zaini, mi sono diretta con i ragazzi e la nostra cagnolina Ginger nell’ignoto a cercare un luogo sicuro per i nostri figli. Quando la fase dello choc è passata, quando tutti noi Ucraini ci siamo resi conto che era iniziata una nuova realtà, abbiamo iniziato a sviluppare il piano di partecipazione di ognuno nella preservazione e difesa della nostra Patria. Oltre al volontariato volto a provvedere ai soldati tutto il necessario a partire dalle divise militari fino all’acquisto di mezzi di trasporto, organizzavamo in modo attivo l’aiuto umanitario alle aziende sanitarie dove venivano trasportati i soldati feriti, alle madri e ai bambini nelle zone delle azioni militari. Come menzionato precedentemente, io gestivo alcuni progetti di affari che coinvolgevano grandi gruppi di persone. Col tempo abbiamo compreso che per poter preservare l’indipendenza del nostro Paese e difenderlo dall’aggressore, dobbiamo reggere anche il fronte economico, perciò dobbiamo fare il possibile per conservare le attività commerciali. Ogni attività commerciale è, per prima cosa, persone che ci lavorano. Così, abbiamo iniziato a svolgere incontri online, sviluppare progetti volti a sostenere lo spirito morale dello staff, abbiamo coinvolto psicologi corporativi per consulenze gratuite dei collaboratori, abbiamo svolto webinar su temi di attualità, ecc. Questo ha aiutato a stabilizzare lo stato di ogni membro del nostro team e dell’impresa in generale.

Sono passati ormai nove mesi dall’inizio della guerra.

Io e i miei figli ci troviamo lontano dalla nostra casa, e mio marito è sempre al fronte. Ogni sera non vediamo l’ora di sentire la sua telefonata, perché è tanto importante per noi lo stare insieme, parlare come prima di ciò che è accaduto durante la giornata, parlare dei risultati dei nostri figli, condividere i nostri piani, ma anche affliggersi per la guerra che è entrata nella nostra vita…

È impossibile descrivere con le parole, quanto è difficile la fase della vita che stiamo vivendo, ma l’importante è non abbattersi e non arrendersi. La vita continua e noi sicuramente vinceremo e a gran voce tutti insieme festeggeremo la nostra vittoria!

 

Foto di apertura del marito dell’autrice