Quando studiavo ancora al liceo, il mio professore di storia e filosofia, fratel Alberto Dalla Costa, mio fondamentale maestro di vita, ha detto, in una lezione sulla democrazia e i diritti, che nelle cadute – per quanto grandi siano – abbiamo il vantaggio di capire subito cosa è successo. Invece quando si scivola, non sappiamo cosa succederà, dove andremo a finire.

Avevo preso nota, ma non credo che allora avessi davvero capito cosa voleva dire.

Oggi, dopo aver insegnato i diritti umani per tanti anni, quel modo di metterci in guardia mi è terribilmente chiaro.

Democrazia e diritti si possono perdere in una notte, come avvenne con i colpi di Stato in Cile e in Argentina. Però in genere queste fondamentali conquiste del genere umano si perdono attraverso un percorso che può durare anche anni. È uno scivolamento progressivo, che si realizza pian piano, e più i piloti sono subdoli e capaci, meno i cittadini se ne accorgono o ciò accade troppo tardi.

Inessa Safonova – Medico in Ucraina

Lo illustra bene l’articolo di Inessa Safonova, nel nostro periodico (Voci dall’Ucraina). L’autrice illustra la storia dell’arrivo di Hitler al potere, in parallelo con l’affermarsi di Putin in Russia. Non voglio riproporre il trito paragone fra i due dittatori, per farmi dire dai più stupidi che non conosco la storia, o che voglio sostenere la guerra del mondo occidentale. Quello che mi interessa è l’antico percorso della concentrazione del potere, attraverso il nazionalismo, la discriminazione delle minoranze, la repressione della libertà di pensiero, l’eliminazione delle opposizioni politiche, dell’indipendenza della magistratura e infine la cancellazione dei diritti individuali e soprattutto quelli che difendono il cittadino dal potere dello Stato.

Queste poche righe non permettono di dare conto delle analisi dei grandi politologi americani, come John Mearsheimer, Beate Jahn, John Ikenberry e Francis Fukuyama. Sappiamo che i partiti e i leader populisti si affermano in momenti di crisi come quello attuale, quando le democrazie appaiono deboli ed impotenti. Il loro messaggio è che c’è troppa libertà, che consente disordine, insicurezza e disprezzo dei valori tradizionali del Popolo della nazione. Il leader populista vuole riferirsi direttamente al popolo, e considera le istituzioni intermedie delle società democratiche come orpelli, inutili sovrastrutture. Si sottopongono i giudici al potere del governo e si imbavaglia la stampa. Un famoso carcere di Istanbul è pieno di giornalisti ed intellettuali, ma Orban e Morawiecki sono sulla stessa strada.

Tutto questo però non succede d’un tratto, ma è il risultato di un percorso, fatto di provvedimenti piccoli, e scarsamente visibili per i più. Uno scivolamento che può durare anche anni, ma che conduce sempre a limitazioni della democrazia, e, in molti casi, a vere e proprie dittature.

Primo Ministro Giorgia Meloni – Foto da wikipedia.org CC BY-SA 4.0

Finora non sembra proprio che il governo di Giorgia Meloni stia dando qualche segnale di voler entrare in quel percorso. La riforma della giustizia sembra essere largamente quella già proposta da Marta Cartabia: il Ministro Nordio sta facendo discutere con la separazione delle carriere dei giudici (inquirenti e giudicanti) e perché vuole impedire l’ingiustificabile uso delle intercettazioni telefoniche. Prima di giudicare occorrerà vedere in concreto le nuove regole, ma certo non si tratta di compromettere l’indipendenza dei giudici. La nostra leader non ha mai detto di voler limitare il diritto all’aborto, mentre i problemi per esercitarlo restano quelli che già conoscevamo bene. Credo che a tutti appaia chiaro che limitare la libertà di stampa in Italia sia un’impresa impossibile, non solo perché la sinistra controlla molti media, ma anche perché gli italiani sono tradizionalmente e culturalmente abituati a dire e scrivere di tutto e di più. L’informazione è particolarmente anarchica e frammentata nel nostro paese e i cosiddetti ‘giornaloni’, in grande crisi di lettori, non rappresentano certamente più quella ufficiale. Salvini, con i suoi rosari, e il nuovo presidente della Camera Lorenzo Fontana, rappresentano forse le minoranze integraliste cattoliche ed altri gruppi tradizionalisti: ma un conto è fare roboanti dichiarazioni sulle piazze e nei convegni, un altro è modificare le leggi o adottare nuovi provvedimenti, che, fra l’altro, devono essere firmati dal Presidente della Repubblica, garante dei diritti democratici sanciti dalla costituzione. Il decreto anti-rave sta perdendo tutta la sua forza muscolare dinanzi al Parlamento, ma si sa, era solo un annuncio, un post per i social media. Il povero Piantedosi ci ha provato a scimmiottare Salvini con i migranti, ma il fallimento è stato evidente. Non solo sono sbarcati tutti, ma l’incidente con la Francia ha fatto capire a tutti che le sbruffonate populiste non servono, perché bisogna rimanere nel quadro europeo. L’Europa ci guarda se strizziamo l’occhio agli evasori fiscali, e noi abbiamo un disperato bisogno dei suoi soldi. Se però si considerano le analisi degli studiosi più seri, vale la pena di far notare che il percorso verso le limitazioni delle democrazie e la dittatura si è sempre verificato soltanto sulla base di una forte matrice ideologica, e cioè una narrazione, un sogno affascinante, più che convincenti ragionamenti. Un esempio è stato il tentativo di Trump: ‘facciamo grande l’America, l’America agli americani’ etc. La destra italiana si è ben guardata da questo tipo di impostazione: gli Italiani sono troppo scanzonati e menefreghisti per farsi affascinare dai sogni.

Quindi il vero problema è quello che mi ha evidenziato un convinto sostenitore della destra: se la Meloni sta facendo tutto quello che avrebbe fatto Draghi, allora dov’è la destra? Dov’è il ritorno all’ordine e agli antichi valori che speravano tutti quelli che l’hanno votata?

In sostanza, quali ‘cose di destra’ potranno farci vedere il nuovo esecutivo e il nuovo Parlamento? Chi raccoglierà la protesta di questi nuovi delusi? Salvini dovrà tornare a suonare a qualche citofono in giro per qualche città?

In ogni caso ho l’impressione che presto potremo vedere chi sono e quanti sono tutti quegli italiani che un pericoloso percorso populista lo volevano davvero. Non dobbiamo dimenticare però che il nostro paese ha bisogno di profonde riforme, sostanziali cambiamenti: se neanche la destra, che non ha mai governato finora, riuscirà a farne qualcuno, cosa faremo? Ci terremo i politici che meritiamo, tutti compresi, oppure finalmente assisteremo alla nascita, al risveglio, di forze veramente nuove, quelle che già esprime la società civile del nostro paese, ricca di cultura e di migliaia di gruppi e associazioni che i diritti, l’uguaglianza e la solidarietà li praticano davvero.

 

Foto di apertura:  Quirinale.it, Attribution, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=124437327