All’inizio della mia formazione da coach, ho incontrato come tutti due ostacoli importanti e da allenare con costanza, cose che a volte ti fanno pensare: non è per me! Il problema è che non riguarda solo chi si sta cimentando in un progetto sfidante, ma riguarda tutti noi, riguarda la nostra volontà ed è un’abilità preziosa e altamente sconosciuta.

Mi riferisco alla capacità di essere egoless, cioè di mettersi in secondo piano rispetto all’interlocutore e la capacità di sospendere ogni forma di giudizio rispetto a quello che stiamo sentendo dire o stiamo vivendo. Cose semplici ma che non siamo abituati a fare, basta aprire una chat, una trasmissione televisiva, partecipare ad un meeting, ad un incontro di lavoro, ad una riunione per capire come sia impossibile mantenere costante un atteggiamento del genere e come sia invece facile cercare di portare avanti l’idea che ho in mente anche a scapito di una visione di più lungo respiro. Il fatto è che ognuno di noi è unico, il suo cervello riporta esperienze, formazione, emozioni, cultura del luogo in cui siamo nati che non è assolutamente paragonabile neanche ad un fratello o ad una sorella che magari sono nati in tempi diversi in cui l’ambiente esterno offriva sollecitazioni di quel preciso momento storico.

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All’epoca trovavo interessante la teoria della mappa e del territorio, ma ancora oggi sorrido ricordando che ogni cervello ha una sua mappa mentale costruita sulle cose che abbiamo appena detto, e che solo l’unione di più mappe crea un territorio più largo e più simile alla realtà. Attraverso l’allenamento di queste competenze, indispensabili non solo ai coach, ma anche ai Manager, a tutti quelli che amministrano la cosa pubblica ma anche a tutti coloro che vogliono instaurare una relazione paritetica, è possibile limitare la tendenza immediata a etichettare, incasellare, inquadrare pensieri che invece avrebbero bisogno di creatività e di confronto in modo da sollecitare la flessibilità, l’ascolto attivo e l’accettazione del diverso. Si potrebbe in questo modo evitare di giungere immediatamente alle conclusioni, ma al contrario si potrebbe maturare un approccio diverso che porta a riflessioni libere basate sull’ascolto di dati di realtà e non su stereotipi o pregiudizi. La libertà si fonda sull’ascolto dell’altro e sull’umiltà di pensare di essere una piccola mappa in un territorio sconfinato.

Leonella Cardosi

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