Non mi sono mai dimenticato la sofferenza e la solitudine che ho vissuto nel periodo natalizio, quando ero rinchiuso nelle quattro mura di una cella. Il periodo più triste per una persona detenuta, anche se cerchi di dire sempre che va bene, ma dentro il dolore ti logora, lascia segni indelebili, neppure il tempo può rimarginare. Ne ho vissuti molti, ed ogni volta lo stesso dolore, il ricordo del passato entra così profondamente dentro di te, che non puoi non pensarci. Il ricordo che mi assale in questo periodo è uno degli ultimi natali passati in sezione, da settimane prima del Natale con i compagni  cerchi di fare un elenco di cose che ci porteranno i nostri cari, poi ci sono prodotti che per forza devi acquistare allo spaccio interno, infine devi pensare pure a quelli che non fanno i colloqui e che non hanno possibilità di acquistare nulla, così si iniziano i preparativi per la socialità, così si chiama il permesso di poter mangiare fino alle 22,00 in un’altra stanza. Io che ero in stanza singola mi dovevo aggregare ad altri amici che erano in stanza da sei, ma non potevamo superare le dieci persone, perciò bisognava mettere e poi spostare le persone, secondo le simpatie e le possibilità, non si poteva fare una stanza con dieci persone che non facevano colloqui, e che non potevano fare la spesa.

Foto di Rachel Burkum da Pixabay

Così alla fine tutto viene sistemato, a volte anche le persone più diverse da te, in quelle giornate erano accolte in stanza, per non farle sentire sole. Ma il pensiero dei tuoi cari, dei tuoi figli, dei tuoi genitori, non ti lasciava mai, e tu non potevi far nulla per alleviare questo dolore, il tuo compito era far capire che andava tutto bene. Ricordo mia figlia che mi scriveva del regalo che voleva farmi, ed io gli rispondevo sempre che non mi serviva nulla, che i soldini li poteva usare per sé. Che il Babbo Natale del papà sarebbe arrivato da mia madre o mio fratello, in carcere per acquistare un prodotto da regalare è sempre difficile, o se riesci potrebbe arrivare un prodotto similare e devi prenderlo per forza per non perdere i soldi. Il carcere si svuota di tutte le attività, le scuole chiuse, solo i volontari e dico per fortuna che ci sono, i preti e le suore vagano nei gironi dell’inferno del carcere. Donandoti cioccolata come se non ci fosse un domani, e regalandoti biglietti di natale ingialliti dal tempo, certo oggi nessuno più spedisce gli auguri di natale, i detenuti ancora lo fanno perché è un mezzo per non perdere i contatti con le persone care, ci sono molti che non possono avere il servizio e-mail, così acquistano francobolli, oppure chiedono a qualcuno per inviare gli auguri di Natale.

Foto di Bob Dmyt da Pixabay

Arriviamo al giorno prima della vigilia: ci sono i colloqui con i familiari, iniziano ad arrivare i pacchi con tutte le prelibatezze che i tuoi cari hanno preparato per te, sapendo che tu dividerai con altri questo cibo, il problema più grande è come tenerli freschi, visto che non hai il frigorifero, hai solo una borsa frigo piccola con i ghiacci. Cerchi di metterci le cose più delicate, che si rovinano prima, poi il resto lo devi tenere chiuso nei contenitori di plastica chiuso in una busta sul davanzale della finestra della stanza, cercando di chiuderla bene, altrimenti qualche gabbiano potrebbe mangiarsi tutto. Così fanno tutti i miei compagni, per distribuire meglio le cose cerchi anche di dividere le consegne dei tuoi cari, perché in un mese si può ricevere 20 chili di vettovaglie, se arrivano tutte a natale per capodanno non hai nulla, così cerchi di dividere in due colloqui. C’è pure chi all’ultimo salta un colloquio per un motivo importante, allora di fretta cerchi di rimediare per non far rimanere quella stanza senza cibo, tanto il pacco mancante ci sarà la settimana dopo.

E’ arrivata la vigilia di natale, ti alzi dalla branda e cerchi di dimenticare il posto dove ti trovi, ma puntualmente c’è chi te lo fa ricordare, la guardia più indisponente della sezione passa per le stanze di pernottamento e inizia a battere le griglie di ferro e cade tutto sulle buste dove tu hai riposto il cibo, vorresti inveire contro di lui, ma a natale siamo tutti più buoni… ma io no, gli grido contro che quello è il pranzo di natale, di starci attento, lui mi guarda sorride stupidamente ed esce dalla stanza, deve ispezionare altre stanze, altro cibo a rischio.

Mi sono sempre domandato il perché? Alla fine una risposta me la sono anche data; noi nonostante la situazione che viviamo, abbiamo sempre la porta aperta agli altri, lui è talmente solo che neppure i colleghi vogliono festeggiare con lui.

Passo la giornata pensando al natale a casa mia, a tutte quelle cose buone che preparavano sempre i miei genitori, cerco di ricordarmi il profumo, perché il sapore è impresso nelle mie papille gustative, alle facce stupite di quando aprivano il pacchetto a loro destinato, la gioia dei miei figli nell’attendere il momento cruciale della consegna dei regali. Mi giro intorno e mi dico, dai che il prossimo sarà quello buono per stare con loro, intanto pensiamo ad oggi.

Sono le 20,00 è il momento della socialità, tutti nelle stanze destinate, si uniscono i tavoli e si apparecchia, proprio come in una casa, solo che non si hanno né addobbi, né tovaglie colorate, solo carta, dallo scottex al tovagliolo di carta, bicchieri di carta, posate di plastica, insomma un’atmosfera non proprio natalizia.

Il nostro umore cambia quando si inizia a mangiare, ogni casa ha le sue tradizioni culinarie, nella nostra tavola tutti mangiamo tutto perché il cibo non si spreca, pertanto a volte devi mangiare cose che proprio non corrispondono al tuo gusto, ma la condivisione del cibo è anche questo. Si mangia quasi in silenzio, come un rito, ma dobbiamo anche tener conto che alle 22 ci verranno ad aprire per far ritorno ognuno nelle proprie stanze.

Dopo aver mangiato ci prepariamo al mitico brindisi, una bottiglia piccola di uno spumante schifoso, che viene data a chi non prende la terapia, pertanto pochissime persone possono acquistarla, ti viene consegnata e dopo aver versato il contenuto nei bicchieri di plastica devi restituirla.  Si apre un panettone un pandoro, si taglia il torrone e si brinda alle nostre famiglie, alla libertà.

Allo scoccare delle 22 precise, arrivano le guardie e ci aprono tutte le stanze, si rientra nelle proprie e la porta si chiude dietro ognuno di noi portandosi dietro tutta la malinconia di quei momenti. Ora si è soli con sé stessi, per chi è in stanza con altri compagni ancora si parla, aspettando la fatidica mezzanotte. Molti si sdraiano in branda, per pensare a tutto quello che si è perso in questi anni, a tutto quello che non troverà più.

Foto di Anita Chen da Pixabay

A quante volte ha pensato di farla finita, perché tutta quella sofferenza e solitudine ti porta a pensarci. Mi alzo sul mio sgabello e guardo fuori dalla mia finestra, vedo un muro alto che divide la prigionia dalla libertà, qualche fuoco d’artificio si intravede, tra una settimana entrerà il nuovo anno, e tutti sperano in qualcosa, la speranza è l’unica ragione che ti spinge a resistere nell’inferno del carcere. Ci si sveglia il giorno dopo, tutti vogliono andare alla messa di Natale, ci saranno tutte le varie sezioni, e molti hanno voglia di incontrare amici e parenti che sono detenuti, magari ci sarà anche un piccolo dolcetto, e poi di nuovo tutti insieme per il pranzo di Natale. Le feste sono i momenti peggiori per i detenuti, fino ad oggi nessuno ha mai pensato di trovare un rimedio a tutta questa sofferenza.

 

Foto di apertura di falco da Pixabay