L’Italia ha la presidenza di turno del G7 e a Torino in questi giorni si svolge quello dedicato a clima, energia, sviluppo sostenibile. È una straordinaria occasione per raccontare ai paesi più industrializzati cosa si sta facendo per combattere i cambiamenti climatici. Essere nel Club esclusivo dei paesi più industrializzati del mondo è già un valore ma che andrebbe valorizzato oltre ogni altra iniziativa. Perché ? Per anni gli italiani si sono sentiti dire che gli interventi non si facevano per mancanza di denari. Con il PNRR si può, finalmente, fare il miracolo e spiegarlo agli altri.

L’Italia ha scelto la strada della transizione energetica, nonostante i contraccolpi e le resistenze delle lobby petrolifere. Ora, chiarito il punto che per arrivare a un livello soddisfacente di neutralità climatica, durante la marcia sostenibile non si può fare a meno di gas e petrolio. Penso sia giunto il momento di guardarsi in faccia e fare un pó di conti. È un dovere della politica che ogni giorno si  intreccia con l’economia e l’opinione pubblica.

Per una settimana in Piemonte si svolgono iniziative con aziende, banche, università durante il “Planet Week”, prima del G7 vero e proprio. Il governo italiano di oggi  (sui cui pesano responsabilità anche dei precedenti) cinque anni dopo l’avvio del Green Deal presenta un quadro in chiaro scuro. Il paradosso più lampante sta  nella dicotomia tra ciò che occorre fare e ciò che ancora si pensa di fare. Detto più esplicitamente, mentre il Ministero dell’Ambiente presiede le sessioni di lavoro sul clima, sono in corso le consultazioni sul Piano Clima, il Pniec. È il documento centrale e strategico per organizzare un paese moderno e  sostenibile. Deve tutelare persone, aziende, città, territori.Rispetta indicazioni dell’Ue e qualifica i paesi che lo adottano.

La forma della consultazione democratica è sicuramente la più efficace. Raccoglie opinioni e orientamenti, percepisce il senso di una svolta, ma i tempi italiani sono ingolfati. Il Piano deve essere approvato entro giugno, eppure secondo molti soggetti che hanno partecipato alle consultazioni alla Camera, va riscritto in punti fondamentali, dunque altri tempi ancora. Ci vuole “maggiore concretezza” hanno detto gli industriali delle  rinnovabili. Per l’energia elettrica da fonti pulite il Piano indica un obiettivo del 65% nei prossimi sei anni. Gli industriali che intanto mettono soldi propri, sono disponibili a toccare almeno il 75%. Ma “il piano non sembra cogliere appieno le ripercussioni delle politiche in termini di occupazione, quadro sociale e salute pubblica” ha scritto Sergio Ferraris di RiEnergia.

A latere di tutto questo ci sono  provvedimenti fondamentali che vanno approvati come quello sulle aree idonee per le installazioni, il cosiddetto decreto FER sugli incentivi, il Testo Unico sulle semplificazioni per le autorizzazioni per le rinnovabili, una parola chiara sul nucleare e così via. Pensiamo davvero di potercela fare ?  Il G7 è un passaggio obbligato nella turnazione della presidenza, ma quello su clima e sostenibilità di questi giorni  in Piemonte può diventare un tormento.