Cara Unione Europea, darti del tu è inusuale, ma ci viene naturale perché siamo cresciuti con te. Sei una, sei “l’Europa”, eppure abbracci ben 27 Paesi, con 450 milioni di abitanti, che hanno scelto liberamente di mettersi insieme per formare l’Unione che sei diventata. Che meraviglia! Invece di litigare o ignorarsi, conoscersi e andare d’accordo! Lo sappiamo: non sempre è facile, ma quanto è decisivo, invece di alzare barriere e difese, cancellarle e collaborare.

Questo l’incipit della lettera all’Europa, scritta a quattro mani dal Cardinale Matteo Zuppi, Presidente della CEI, e da Monsignor Mariano Crociata, Presidente della COMECE, che riunisce le conferenze episcopali dei paesi europei. Lettera pubblicata in italiano e in inglese, alla vigilia del 9 maggio. Giornata dell’Europa, a ricordo della data del 1950 in cui Robert Schuman propose la creazione di una comunità europea del carbone e acciaio.

La lettera è un forte appello agli elettori ad andare a votare, di assoluta chiarezza e semplicità, ma dal contenuto realisticamente drammatico.

I destinatari sono i 450 milioni di europei. E soprattutto i quasi quattrocento milioni che sono chiamati tra il 6 il 9 giugno per rinnovare il Parlamento Europeo.

Mi è stato chiesto di scrivere qualche riga su questa lettera, già ampiamente commentata sulla stampa, nazionale e non solo.

Subito dopo l’incipit sopra riportato, la lettera così continua:

Tu sei la nostra casa, prima casa comune. In questa impariamo a vivere da “Fratelli Tutti”, come ha scritto un tuo figlio i cui genitori andarono fino alla “fine del mondo” per cercare futuro. 

 

La costruzione della casa Europa

 La lettera di Zuppi e Crociata ricorda che la storia europea è stata per molti secoli un susseguirsi di guerre e devastazioni. Non sono mancati i sogni e i periodi di pace, ma sempre troppo presto infranti. Fino al secondo dopoguerra, quando si è fatta strada l’idea che le nazioni europee potevano intraprendere un sistematico percorso di avvicinamento e collaborazione. Tre nomi legati a questo inizio di percorso sono Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi e Robert Schuman. Tre statisti, tutti animati dalla fede cristiana, che hanno saputo pensare con intelligenza, ambizione e coraggio al progetto europeo, che sarà la più significativa edificazione della seconda metà dello scorso secolo.

Il Cardinale Matteo Zuppi, Wikimedia Commons

Verso dunque la Comunità Europea, con i fondamentali Trattati di Roma del 1957. Poi il processo di allargamento, con l’ingresso di altri stati e, dopo la caduta del muro di Berlino, il cambio di nome in Unione Europea. Quindi la moneta unica per un numero crescente di stati membri. Nel 2004 l’ingresso di altri dieci paesi, già aderenti al Patto di Varsavia, e altri ancora nel 2007.

In parallelo, sempre maggiori sono state le difficoltà che l’Unione Europea così ampliata ha dovuto affrontare. Non sempre direttive e regolamenti hanno facilitato la coesione. Oggi è più che mai evidente che è fondamentale coltivare l’anima dell’Europa.

 

Le difficoltà di oggi

 Con il ritorno delle guerre, le cresciute difficoltà economiche e sociali, la gestione delle migrazioni verso il nostro continente, molti e importanti sono gli interrogativi. Ne ha esplicitato qualcuno Papa Francesco: «Guardando con accorato affetto all’Europa, nello spirito di dialogo che la caratterizza, verrebbe da chiederle: verso dove navighi, se non offri percorsi di pace, vie creative per porre fine alla guerra in Ucraina e ai tanti conflitti che insanguinano il mondo? E ancora, allargando il campo: quale rotta segui, Occidente?» (Lisbona, 2 agosto 2023).

Oggi è quanto mai necessario che l’Europa riprenda la forza vitale dei suoi padri fondatori. Per poter tracciare nuove strade di pace, esercitare quel ruolo per il mondo che solo l’Europa può avere. Con i suoi più antichi valori, costruiti in oltre due millenni di storia, a partire da quelli che provengono dalle civiltà greca e romana e sacralizzati dal cristianesimo. Quale altra parte del mondo può esercitare con forza una tale statura storica e culturale, riuscire a testimoniare con i mezzi della diplomazia la sua volontà di pace, saper ricercare nuovi equilibri e relazioni internazionali?

L’Europa non può permettersi divisioni al suo interno. Per citare ancora Papa Francesco: «In questo frangente storico l’Europa è fondamentale. Perché essa, grazie alla sua storia, rappresenta la memoria dell’umanità ed è perciò chiamata a interpretare il ruolo che le corrisponde: quello di unire i distanti, di accogliere al suo interno i popoli e di non lasciare nessuno per sempre nemico. È dunque essenziale ritrovare l’anima europea» (Budapest, 28 aprile 2023).

La lettera si sofferma sulla dignità della persona umana. Sulla difficoltà a difendere e ad accogliere la vita dall’inizio alla fine, sulle paure diffuse. Ancora con le parole di Papa Francesco: «Penso a un’Europa che non sia ostaggio delle parti, diventando preda di populismi autoreferenziali […] Che bello invece costruire un’Europa centrata sulla persona e sui popoli, dove vi siano politiche effettive per la natalità e la famiglia […], dove nazioni diverse siano una famiglia in cui si custodiscono la crescita e la singolarità di ciascuno» (Budapest, 28 aprile 2023).

Papa Francesco, Wikimedia Commons

E ancora sul tema dell’accoglienza della vita, guardando a chi la cerca arrivando da altri continenti, riporto qualche passo della lettera.

 Cara Europa, tu non puoi guardare solo al tuo interno. Non si può vivere solo per stare bene, ma stare bene per aiutare il mondo, combattere l’ingiustizia, lottare contro le povertà. Ormai da decenni sei il punto di arrivo, il sogno di tante persone migranti che da diversi continenti cercano entro i tuoi confini una vita migliore. Tanti vogliono raggiungerti perché sono alla ricerca disperata di un futuro. E molti, con il loro lavoro, non ti aiutano forse già a prepararne uno migliore? Non si tratta di accogliere tutti, ma che nessuno perda la vita nei “viaggi della speranza” e tanti possano trovare ospitalità. Chi accoglie genera vita! L’Italia è spesso lasciata sola, come se fosse un problema solo suo o di alcuni, ma non per questo deve chiudersi. Prima o poi impareremo che le responsabilità, comprese quelle verso i migranti, vanno condivise, per affrontare e risolvere problemi che in realtà sono di tutti.

 

L’appello al voto

 Si arriva dunque alle imminenti elezioni del Parlamento Europeo, un’occasione da cogliere senza esitazione. Contro di noi ci sono le paure, le insicurezze, le minacce. L’appello a tutti gli elettori è ad esprimersi con il loro voto. Il non andare a votare non equivale affatto a restare neutrali. L’astensionismo ha l’effetto di accrescere la sfiducia, la diffidenza degli uni nei confronti degli altri, la perdita della possibilità di dare il proprio contributo alla vita sociale, e quindi la rinuncia ad avere capacità e titolo per rendere migliore lo stare insieme nell’Unione Europea.

La lettera termina con l’espressione di un sogno. Ricordando l’importanza di sognare, non per distrarsi dalla realtà ma per prendere la forza necessaria per ricostruire l’anima europea. Le parole sul sogno sono ancora di Papa Francesco: «Con la mente e con il cuore, con speranza e senza vane nostalgie, come un figlio che ritrova nella madre Europa le sue radici di vita e di fede, sogno un nuovo umanesimo europeo, “un costante cammino di umanizzazione”, cui servono “memoria, coraggio, sana e umana utopia”»

Per finire, un’altra autorevolissima lettera contenente l’appello ad andare a votare è stata diffusa nei giorni immediatamente successivi. Si tratta della Dichiarazione congiunta di Sergio Mattarella, Frank-Walter Steinmeier, Alexander Van der Bellen, Presidenti delle Repubbliche Italiana, Federale di Germania e Federale di Austria. Pubblicata l’11 maggio sul sito del Quirinale in italiano e in inglese, e naturalmente altrove in svariate lingue.

Di questa seconda lettera riporto solo le parole finali: «Le prossime elezioni per il Parlamento europeo offriranno l’opportunità di eleggere rappresentanti che si impegnino a trovare soluzioni costruttive, accettando la complessità del sistema democratico. Usiamo questa occasione quando esercitiamo questo diritto fondamentale. Partecipando al voto si difendono le istituzioni liberali, lo Stato di diritto, i nostri valori fondanti, la nostra comune libertà. Siamo veramente “uniti nella diversità”, all’interno dei nostri Paesi e all’interno della nostra Unione Europea. Questo ci ha consentito di vivere nell’Europa più pacifica e prospera che abbiamo mai conosciuto. È un grande patrimonio che vale la pena difendere e sviluppare esercitando il democratico diritto al voto.»

Immagine di copertina: Bannière Drapeaux UE 27, Wikimedia Commons