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Quanto sarebbe stato meglio se a dicembre, per avere lumi su come comportarsi in materia di vaccinazioni, il ministro della Salute si fosse recato in una qualche seconda elementare di una qualsiasi scuola d’Italia e avesse posto alla classe un quesito, in virtù anche della giovane età degli interrogati, semplice semplice: avendo finalmente a disposizione un vaccino per un virus che fa strage quasi esclusivamente di vecchietti con molti malanni, voi chi vaccinereste per primi? Di nient’altro armati che della loro fanciullesca saggezza, c’è da supporre che i bambini avrebbero risposto all’unisono: «Vacciniamo innanzitutto loro, i nostri acciaccati nonnetti».

Malauguratamente, il pensoso capo dicastero in quella classe non c’è andato. Così è successo che, invece di affidarsi ad un buonsenso alla portata di ragazzini di sette anni, ha pensato bene di mettere in piedi, confortato nelle sue scelte da un pool di scienziati, uno di quegli stravaganti teatrini per cui siamo famosi nel mondo. Tra complottisti e no vax i tempi sono quelli che sono, perciò sarà il caso di precisare: nulla da dire, ci mancherebbe, contro il lavoro di infettivologi ed epidemiologi. Ma anche un ministro dovrebbe fare il suo: operare, cioè, scelte politiche. E dunque dovrebbe programmare, organizzare, prendere decisioni. Altrimenti che ci sta a fare lì? Basterebbe un monsieur Travet qualsiasi.

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Sarebbe interessante sapere in quanti summit si sono spremuti le meningi ministro e superesperti per partorire quelle incredibili decisioni riguardo priorità e calendario delle vaccinazioni. Proteggere per primi i più fragili, le categorie tra le cui fila da oltre un anno i morti si contano a centinaia, vaccinare innanzitutto i soggetti a rischio? Troppo facile, si saranno detti: quello saprebbero farlo tutti (e in effetti nel mondo molti lo stanno facendo). Siamo o non siamo un popolo di creativi? E quindi, in questo benedetto, assurdo bel paese, per dirla con Guccini, si è cominciato com’era giusto con i medici e gli infermieri in prima linea. Ma a noi italiani se non lo facciamo strano, non ci piace. Così, senza che nessuna evidenza scientifica potesse ovviamente giustificarla, la vaccinazione è stata estesa a tutto il personale sanitario di ogni ordine e grado. Compresi quelli che stanno negli uffici e nei laboratori: gente che, a buon bisogno, un malato di Covid non lo hanno manco mai visto in vita loro. A proposito di operatori sanitari: lo sapevate, tanto per dirne un’altra, che non occorreva stare dietro un bancone a vendere medicinali (che poi, pure in questo caso, chissà quanti rischi si corrono…), bastava la laurea in farmacia per poter essere vaccinati?

E che dire dell’idea di vaccinare quanti lavorano nelle scuole (salvo poi chiuderle, le scuole)? Anche qui: siccome c’erano fiale a scialare, si è ritenuto di vaccinare tutti, ma proprio tutti: dal personale scolastico ai professori. Senza lasciar fuori non solo i docenti universitari (ma chi, quelli che stanno facendo da inizio pandemia didattica a distanza? Già, proprio quelli), ma anche i giovanotti in piena salute e le gagliarde ragazze che avevano avuto la fortuna di essere stati chiamati anche per una semplice supplenza. Ma sì, abbondiamo, diceva Totò: che non si dica che siamo provinciali.

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Poteva bastare già così quanto a bizzarrie, si poteva cominciare finalmente ad occuparsi di quelli per cui il vaccino era, nel vero senso della parola, ragione di vita o di morte. Sennonchè, un altro nostro vizietto è che ci piace strafare. Così, in diverse regioni hanno cominciato a guardarsi intorno chiedendosi: dunque, dunque, vediamo un po’, adesso chi possiamo vaccinare? Beh, siamo sinceri, a parte i nostri fantomatici settenni di cui sopra, chi non avrebbe risposto: gli impiegati degli uffici giudiziari, gli avvocati, i notai? Ma, certo: ti pare che chiamato in causa, Anthony Fauci in persona non le indicherebbe pure lui tra le categorie più a rischio?

Il fatto è che, nel paese delle camarille e delle cricche, non potevano non scendere in campo, a sacra tutela dei propri associati, gli ordini professionali. Queste inutili consorterie claniche che, eliminate dappertutto, resistono solo da noi, sono state subito pronte a scatenare una vera guerra perchè la propria tribù venisse considerata “essenziale”. “A volte c’è odore di casta”, titolava qualche giorno fa “Il Giornale”. Odore o una marcescente puzza di sopruso?

In questo festival dell’improvvisazione, con i primi vaccinati che ormai risalgono alla fine di dicembre, gli anziani con patologie cominciano appena adesso a potersi prenotare. Parola magica, prenotare… Perchè, diciamocelo, qualsiasi paese civile sarebbe stato capace di interfacciare i vaccinatori con i medici di famiglia e quindi, scovati tramite questi ultimi i soggetti più fragili, andarseli magari a prendere a casa. Noi no, scherziamo? Manco fossimo quel paese ultratecnologico che non ci sogniamo di essere, abbiamo scelto la lotteria delle prenotazioni on line. E gli ultraottantenni che non hanno un pc o un figlio o nipote che possa provvedere alla bisogna? Che si arrangino. Per non dire qualcosa di più volgare.

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D’altronde, a parte questa grottesca vicenda dei vaccinati, è un po’ tutta la gestione della pandemia che parla male, per l’ennesima volta, dell’intero sistema paese. È vero che eravamo tra quelli più nel mirino, essendo tra i popoli più longevi e, allo stesso tempo, la nazione europea con i vecchi più malandati: però, ci sono stati e seguitano ad esserci troppi morti per non sospettare che ci abbiamo messo del nostro. A tal proposito, anche in un paese dalla memoria praticamente inesistente come l’Italia, sarà davvero difficile dimenticare gli show durante il lockdown di quell’incredibile assessore alla Sanità della Lombardia. Ma sì, stiamo parlando proprio di lui, del tizio che sempre vagamente ilare e intento a godersi il suo quarto d’ora di celebrità, compariva tutte le sere intorno alle 17 in tv a dirci come tutto andasse bene e di quanto fosse bravo. Esibizioni davvero esilaranti, non ci fossero state a scorrere, mentre il nostro blaterava insulsaggini, le immagini dei camion pieni di bare che lasciavano ospedali e case di riposo. Eh sì, case di riposo: perchè lui, troppo modesto, in due mesi di vaniloqui giornalieri non ce lo aveva mai detto, ma era farina del sacco del suo assessorato la decisione di spedire i malati di Covid nelle rsa, a stretto contatto con dei poveri, incolpevoli vecchi, che infatti hanno preso a morire come mosche. Un colpo di genio equiparabile solo all’idea di scegliere Dracula come direttore di un convento di novizie.

Ecco, a fronte di gente di tal fatta, di una gestione della pandemia in generale o quella cervellotica della vaccinazione verrebbe voglia di avanzare un’umile richiesta: sarebbe troppo chiedere di poter vivere in un paese normale?

Foto di apertura di Gordon Johnson da Pixabay