Con due distinte decisioni adottate entrambe il 13 aprile, la Corte europea dei diritti dell’uomo si è pronunciata sulla detenzione preventiva cui sono stati sottoposti in Turchia i giornalisti Ahmet Altan e Murat Aksoy ritenendo che i provvedimenti non fossero adeguatamente motivati e pertanto contrari all’articolo 5 della Convenzione. La Corte ha pure ravvisato una violazione dell’articolo 10 della Convenzione che tutela la libertà d’espressione.

I due ricorrenti, per altro attualmente in libertà, sono notissimi e altrettanto note sono le vicende di cui sono stati, loro malgrado,

Foto di Engin Akyurt via Pixabayprotagonisti al tempo del fallito golpe del 2016 in Turchia.

Notoriamente di indirizzo antigovernativo, i due giornalisti vennero accusati di complicità con gli organizzatori del colpo di Stato e pertanto sottoposti a una serie di provvedimenti restrittivi della loro libertà personale.

La Corte europea ha esaminato le vicende dei due giornalisti alla luce dell’articolo 5 della Convenzione che tutela il diritto alla libertà e alla sicurezza personale, stabilendo al comma primo che nessuno possa essere privato della propria libertà personale se non in specifiche ipotesi dettagliatamente previste dalla Convenzione.

Per quanto riguarda poi il solo Altan, la Corte ha riconosciuto pure la violazione del comma 4 dell’articolo, secondo il quale:

Ogni persona privata della libertà mediante arresto o detenzione ha il diritto di presentare un ricorso a un tribunale, affinché decida entro breve termine sulla legittimità della sua detenzione e ne ordini la scarcerazione se la detenzione è illegittima.

E del comma 5 che così dispone:

Ogni persona vittima di arresto o di detenzione in violazione di una delle disposizioni del presente articolo ha diritto a una riparazione

Ritenendo poi che i due giornalisti siano stati in definitiva perseguitati per le loro opinioni dissidenti nei confronti delle politiche del governo turco, ha poi riconosciuto la violazione dell’articolo 10 della Convenzione.

Le due decisioni vanno indubbiamente salutate con favore, ma non è possibile dimenticare che la professione del giornalista è

Per la libertà di stampa – Foto The-movement-2000 via Wikimedia Commons

esposta a gravi rischi in quasi tutti i Paesi parti della Convenzione europea e che, pur restando la previsione del diritto alla libertà d’espressione un valido presidio anche per l’esercizio della professione del giornalista, il Consiglio d’Europa non ha mai smesso di sollecitare gli Stati membri ad adottare norme specifiche di protezione dei giornalisti.

Il problema della protezione dei giornalisti, infatti, non riguarda solo gli Stati che, come la Turchia, hanno un bassissimo livello di tutela dei diritti umani, ma anche quelli, come il nostro ad esempio, che mediamente vengono ritenuti rispettosi dei diritti umani.

Eppure il Consiglio d’Europa ci sollecita da anni ad adottare una nuova disciplina della diffamazione a mezzo stampa, più rispettosa del diritto dei giornalisti a fare il loro mestiere.