In molti incontri e seminari, soprattutto in materia di diritti umani, ho ripetuto che mi sentivo un “giurista pentito”. Molti – soprattutto giovani ricercatori e professorini – hanno storto il naso, come se stessi in qualche modo criticando l’antichissima e universale scienza giuridica.

Ho studiato e insegnato il diritto internazionale ed i diritti umani per oltre quarant’anni. Il mio pentimento, la mia insoddisfazione, non derivano dalla banale considerazione che i principi del diritto non sono sufficientemente applicati dai tribunali e dagli organismi giudiziari competenti. (E questo non solo nei paesi nei quali le istituzioni dello stato sono più deboli, ma anche nelle grandi democrazie).

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I miei dubbi nascono invece da una aspettativa sull’efficacia del diritto in generale nel regolare la vita delle comunità umane. I diritti umani ne sono un esempio significativo. Ecco perché fra molti sospiri e mugugni ho anche detto, provocatoriamente, che il vero problema dei diritti umani, è che sono stati affidati ai giuristi.

Mi spiego meglio. La vita delle comunità umane non è mai stata regolata soltanto dal diritto. Altrettanto importanti, o molto più importanti, sono state moltissime altre regole, da quelle religiose a quelle delle associazioni sportive, le deontologie professionali, sino a quelle dell’educazione e del bon ton. Nel film “Momenti di gloria” l’atleta ebreo si rifiuta di gareggiare di sabato, rischiando di perdere un titolo. Nel libro “Una fortuna pericolosa”, Ken Follett ci dice che un banchiere metodista dell’Inghilterra dell’800 si rifiutava di finanziare il commercio delle armi, per quanto lucroso fosse. La poligamia è condannata dalle leggi di molti Stati, ma alcune comunità dei civilissimi Stati Uniti d’America, continuano a praticarla, rischiando condanne penali. L’uguaglianza di genere è oggi prescritta nelle costituzioni e nelle leggi di molti stati – anche di alcuni paesi musulmani – ma essa è disattesa persino in molti paesi democratici. Il socio di un prestigioso circolo in Europa e negli Stati Uniti, non può mancare di rispetto ad un altro socio anche al di fuori della vita sociale: si rischia che venga sanzionato od estromesso, anche quando il suo comportamento non costituisce alcuna violazione di leggi dello Stato.

Ippocrate scrisse nel suo giuramento le regole cui i medici dovevano attenersi 400 anni prima di Cristo, molti secoli prima che questi principi divenissero leggi dello stato.

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L’applicazione e la forza del diritto dipendono molto di più dalle convinzioni degli esseri umani che dalle polizie e dai tribunali. Anzi si può facilmente constatare che le leggi funzionano quando rappresentano correttamente principi e regole nelle quali le comunità umane si riconoscono. Questo vale certamente per il complesso dei diritti umani sanciti dalla Dichiarazione Universale dell’ONU del 1948 e dai Patti consacrati nelle Convenzioni del 1966, ma anche per moltissimi altri settori dei diritti nazionali.

Chi non credeva nell’indissolubilità del matrimonio andava a sposarsi a Las Vegas, chi non credeva nel divieto dell’interruzione della gravidanza andava ad abortire dove era permesso. Molti paesi hanno oggi legalizzato il suicidio – in talune condizioni – mostrandoci come il divieto sancito dal Cristianesimo e dall’Islam attraversi oggi una fase di tramonto.

La verità è poi che il diritto è sempre arrivato dopo, quando la comunità non credeva più nelle vecchie regole, o voleva ormai regole nuove. Ma nel mondo globale di oggi la scienza e la tecnologia corrono troppo forte perché il diritto possa stare loro dietro. Per quanto riguarda la famiglia tutte le forme di fecondazione, comprese le madri surrogate, si stanno affermando, che le leggi dello stato lo consentano oppure no.

Le possibilità offerte da Internet per quanto riguarda l’informazione, ma anche la pubblicazione di libri e saggi, sta creando giganteschi problemi per la difesa dalle notizie false, dalla diffusione di immagini lesive della privacy e persino per la protezione degli autori di opere letterarie, musicali e cinematografiche.

Il diritto non è mai stato l’unico regolatore della vita umana e nel mondo attuale questo si vede con sempre maggiore chiarezza.

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Sono un giurista pentito, non perché non credo nelle leggi e nei tribunali, ma perché ho visto che bisogna lavorare molto di più, e con molte più risorse perché la comunità globale possa credere e condividere i grandi principi e valori comuni, non soltanto per ragioni etiche, ma perché essi assicurano la sicurezza e il benessere delle comunità umane. Non vinceremo la discriminazione delle donne o le mutilazioni genitali femminili fino a quando la grande maggioranza delle persone non li riterranno gravi offese che impediscono di assicurare una vita giusta e dignitosa a tutti gli abitanti del pianeta.

È più facile approvare una legge che lavorare pazientemente per questa condivisione ma non vorrei che si verificasse invece l’opposto e cioè che molti anche nei paesi democratici si persuadessero che il diritto dello stato non li tutela, e quindi optassero per altre pericolose strade.

Foto di apertura di Edward Lich da Pixabay