Con la decisione del 12 ottobre scorso, una Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo ha affermato, nel caso J.C. e altri contro Belgio (ricorso no. 11625/17), che non c’è stata violazione dell’articolo 6.1 sul diritto di accesso a un tribunale per il fatto che i tribunali belgi abbiano negato di avere giurisdizione per giudicare la Santa Sede.

La questione non è nuova. Un certo numero di persone, affermando di aver subito molestie e violenza sessuali in tenera età da parte di sacerdoti cattolici, chiedevano un risarcimento dei danni subiti chiamando in causa la Santa Sede. La Corte ha ritenuto che bene abbiano fatto i tribunali belgi a respingere la richiesta ritenendo la Santa Sede immune dalla giurisdizione statale in quanto soggetto di diritto internazionale.

I fatti non erano contestati, tanto è vero che alcuni dei ricorrenti, hanno ricevuto risarcimenti da un fondo appositamente creato dalla Conferenza Episcopale Belga per questi casi.

Che, come ha riconosciuto lo stesso Sommo Pontefice Francesco, sono indubbiamente occasioni di sofferenza delle quali la Chiesa cattolica tutta deve chiedere perdono.

E, ovunque nel mondo, si sono celebrati processi, anche in sede penale, che hanno avuto grande clamore, volti ad accertare comportamenti di abuso da parte di sacerdoti cattolici e che in molti casi si sono conclusi con condanne. Tuttavia, la decisione della Corte europea è senz’altro da approvare. Non è possibile chiamare in giudizio davanti a tribunali statali la Santa Sede, e non solamente per la sua qualità innegabile di soggetto di diritto internazionale e dunque di beneficiario della immunità dalla giurisdizione.

Ma anche perché, in seguito a un complesso e articolato processo di revisione della struttura pubblica ecclesiastica (avviato già con il Concilio Vaticano II) le conferenze episcopali nazionali hanno un ruolo autonomo da quello della Santa Sede, ruolo che può, a certe condizioni, implicare se non una responsabilità dei comportamenti dei singoli sacerdoti (che sono sempre comportamenti che implicano responsabilità personali), quantomeno un obbligo morale di intervenire nel risarcimento dei danni subiti dalle vittime. Cosa che è avvenuta in quasi tutti i casi che si sono verificati.

Insomma, prendersela direttamente con la Santa Sede può forse determinare un poco di clamore pubblicitario in più, ma, dal punto di vista giuridico è un’arma spuntata.