Appropriarsi dell’uso della lingua italiana, in un tempo di impoverimento strutturale delle conoscenze e delle regole della grammatica e della sintassi rappresenta una necessità. Con questo non si vuol dire che lo studio e

Il vocabolario dell’Accademia della Crusca – Foto di Sailko

l’uso delle lingue straniere in un Paese come l’Italia, stato fondatore dell’Unione Europea non deve essere affrontato, ma vuole essere un segnale di attenzione all’utilizzo più funzionale della lingua italiana. Anzi bisognerebbe insegnare meglio le lingue straniere dalle scuole primarie all’università. Ancora oggi abbiamo giovani con modeste conoscenze linguistiche.

Oltretutto la lingua italiana è la quarta lingua più studiata nel mondo dopo, inglese, spagnolo e cinese, prima addirittura del francese, che ha una particolare attenzione e difesa della francofonia.

Thomas Mann fa dire al protagonista di un suo romanzo che l’italiano è la lingua più bella del mondo, infatti, è stata sempre considerata nel corso dei secoli come la lingua della poesia, del bel canto, della musica, delle arti e delle scienze, dell’eleganza e della cucina. Eppure si insiste ad usare termini inglesi anche dove non sono affatto necessari, perché?

Per quale motivo si assume questo comportamento, quasi come se ci si vergognasse della nostra lingua? Forse perché le parole inglesi sono più sintetiche rispetto ad una corrispondente espressione italiana. Per dimostrare di essere più moderni e internazionali?

La responsabilità principale è di coloro che sono per motivi anche di lavoro i protagonisti di questo attacco alla lingua italiana, i giornalisti, i pubblicitari e i politici.

E una volta che l’anglicismo entra nel linguaggio comune è difficilissimo ritornare al corrispondente termine italiano. Questo uso degli anglicismi in particolare, avviene spesso per sciatteria di molti giornalisti, scarsa creatività dei pubblicitari e poca volontà di trasparenza da parte del personale politico.

Perché dobbiamo definire una legge sul lavoro Jobs act o sulla famiglia Family act, o addirittura un ministero o assessorato al benessere sociale Welfare?

La pandemia addirittura ha introdotto il lockdown, quando in Paesi latini come la Francia e Spagna lo chiamano confinement e confinamiento. Noi potremmo chiamarlo isolamento, se la parola confinamento fa ricordare un triste periodo del nostro passato. E recentemente per il certificato verde è entrato nel linguaggio comune Green pass; quando in Francia lo definiscono pass sanitaire.

Per definire il lavoro in remoto ci siamo inventati smart working, inesistente nel mondo anglosassone, dove lo definiscono home working. Come se il lavoro in presenza non sia intelligente! Certo che se l’alternativa burocratica è lavoro agile, non è un gran miglioramento. Anni fa si incominciò ad usare telelavoro, come in Francia utilizzano télétravail.

Per le nuove piste ciclabili disegnate sul tracciato stradale si sta progressivamente diffondendo la definizione bike lane, anziché corsia bici. Ma per avere un’auto o bicicletta condivisa, abbiamo il bike sharing e il car sharing.

Nello sport abbiamo gli highlights anziché il termine sintesi utilizzato fino a qualche anno fa.

I giornali e le tv sono pieni di news, breaknews, week, magazine e rubriche di fashion, cook, automotive. E mi fermo qui per non citare i termini del mondo dell’informatica.

Che cosa si può fare per invertire questa deriva linguistica? Come ho scritto i protagonisti fanno parte principalmente di tre categorie: giornalisti, pubblicitari e politici.

Nell’anno di Dante, che quotidianamente cerchiamo di celebrare con varie iniziative, l’Accademia della Crusca, che ha tra i suoi compiti la difesa della lingua italiana, deve avviare incontri con le associazioni di categoria dei giornalisti e pubblicitari per sensibilizzare, promuovere l’utilizzo di termini italiani invece di corrispondenti termini inglesi.

L’Accademia della Crusca dovrebbe uscire dal suo mondo di adepti ed iniziare un’attività sul “campo” di comunicazione e di sensibilizzazione anche attraverso i vari media, le reti sociali. Organizzare seminari a distanza con i docenti, non solo di italiano, che diano anche crediti formativi.

Più difficile può essere la sensibilizzazione del personale politico, ma se la società civile ritorna ad usare la lingua italiana, anche il personale politico e ministeriale si adeguerà.