Dopo il vertice di Bali e l’incontro a margine tra Biden e Xijinping sta riprendendo quota il partito della trattativa per giungere al più presto a un cessate il fuoco in Ucraina Dopo la caduta di Kherson, secondo molti commentatori la via negoziale potrebbe essere facilitata. In effetti il fiume Dnepr segna potenzialmente la linea di congelamento delle attività militari e la divisione sul terreno dei territori occupati dalle truppe rispettive. Nell’ottica di Putin, accettare il cessate il fuoco potrebbe essere una prospettiva conveniente, dati i rovesci militari subiti dal suo esercito stremato e demoralizzato, che gli consentirebbe di negoziare il mantenimento della parte del Donbass ancora controllata dai militari russi e la Crimea.

Ma potrebbe rappresentare anche un’utile battuta di arresto per far rifiatare le truppe e organizzare una controffensiva su larga scala in concomitanza con la stagione invernale, come chiedono i falchi del Cremlino. Dugin, il filosofo del regime ha condannato duramente il ripiegamento da Kherson considerandolo un grande disonore di cui i responsabili, “come l’uomo della pioggia”, dovranno rendere conto. E Medved ha rincarato la dose ammonendo che la Russia non ha ancora dispiegato tutto il suo potenziale bellico ed è pronta a reagire. Tutt’altra la posizione di Zelenski che forte delle vittorie ottenute dichiara di essere pronto a sedersi al tavolo solo quando le truppe russe si saranno ritirate da Donbass e Crimea.

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In questo contesto bisognerà vedere quale ruolo giocheranno Usa e Cina, entrambe interessate per vari motivi a mettere fine al conflitto. La vittoria democratica al Senato ha rafforzato Biden e la sua politica di sostegno all’Ucraina che gli consente allo stesso tempo un ampio margine di manovra per definire i paletti di un percorso negoziale nel quale possano ritrovarsi le due parti in causa. Tuttavia, la pace sembra ancora lontana, condizionata in larga parte dall’evoluzione della situazione sul terreno. In  campo occidentale, soprattutto da parte del gruppo baltico-polacco, si sostiene che l’offensiva debba continuare almeno fino alla riconquista dell’intero Donbass. Più prudenti i militari americani che ritengono che il momento sia venuto per un cessate il fuoco. Da parte russa si continuano a ventilare ancora minacce anche se l’uso di armi nucleari tattiche sembra scongiurato dopo il fermo avvertimento formulato da Cina e India. Non è stata invece ancora archiviata l’idea di una controffensiva su larga scala che potrebbe coinvolgere anche la Bielorussia.

Più recentemente è di nuovo il Papa che spinge per una tregua possibilmente in coincidenza con le feste natalizie, dalla quale possa scaturire l’avvio di un negoziato credibile tra le parti in causa. L’Amministrazione americana a sua volta cerca di esercitare una discreta moral suasion sul presidente ucraino Zelensky per convincerlo ad un atteggiamento realistico che possa condurre all’apertura delle trattative.

Zekensky da parte sua appare alquanto preoccupato della dinamica che si sta sviluppando negli ultimi giorni. La rapida archiviazione dell’incidente dei due missili caduti in territorio polacco, che il presidente ucraino aveva frettolosamente attribuito alla responsabilità russa, ha reso evidente come gli Stati Uniti temano che il conflitto degeneri in  un confronto diretto tra NATO e Russia e siano alla ricerca di una via realistica per avviare un negoziato  che conduca quanto meno a un congelamento delle ostilità. Una ipotesi che l’Ucraina allo stato attuale respinge fortemente sostenuta in larga parte da Polonia e Paesi baltici che temono l’allargamento del conflitto verso I propri territori e l’apertura di un nuovo fronte a Nord con nuovi attacchi russi su Kiev con il coinvolgimento della Bielorussia. In effetti i segnali che giungono dal Cremlino sono poco rassicuranti. Continua infatti la mobilitazione di nuove truppe e non mancano azioni intimidatorie come il recente lancio su Kiev di un missile destinato a trasportare ogive nucleari.

La situazione si presenta pertanto tuttora fluida e incerta. Entrambe le parti in causa cercano di dare dimostrazione di forza per consolidare le proprie posizioni sul terreno prima di sedersi al tavolo della trattativa, ma appare sempre più evidente che i più interessati a un cessate il fuoco siano nella congiuntura attuale i russi con un esercito stremato e demoralizzato dalle cocenti sconfitte subite negli ultimi giorni da parte Ucraina.

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