Nella nuova Politica Agricola Comune (già affrontata in due precedenti articoli) un dato di rilievo che va rimarcato e approfondito è il peso crescente dell’agricoltura biologica nelle scelte comunitarie.

Gli obiettivi strategici dell’Unione Europea, Green Deal e Farm to Fork, mirano a una crescita dell’agricoltura biologica, con un sostegno aggiuntivo nel periodo 2023-2027.

In particolare la strategia Farm to Fork («Dal produttore al consumatore») punta ad accelerare la transizione verso un nuovo sistema adottando un approccio integrato, affrontando i risvolti ambientali, sociali, agricoli e di salute pubblica legati all’alimentazione.

Paesaggio rurale, Elva, Cuneo, foto di Gianluigi Calcaterra, Unsplash

Tra i target ambientali da raggiungere entro il 2030 è prevista la conversione di almeno il 25% delle superfici agricole europee al regime di produzione biologica.

Secondo dati del 2020 le superfici biologiche dell’Unione Europea sommano il 9,1% della superficie agricola utilizzata (SAU) europea, con alcuni Stati membri che sono vicini all’obiettivo del 25%, come l’Austria, che lo ha superato, l’Estonia e la Svezia, con oltre il 20%, mentre l’Italia occupa un virtuoso quarto posto, con il 16% di biologico sulla propria SAU totale.

Ma la situazione complessiva è ancora molto lontana dall’obiettivo e quindi, per incentivarne ulteriormente la crescita, la Commissione UE ha pubblicato, nel marzo 2021, un piano di sviluppo non basato unicamente sulla semplice conversione di nuovi terreni al metodo di produzione biologico ma accompagnato da un aumento dei consumi e della domanda di prodotti biologici che sostengano le scelte degli agricoltori.

Nell’architettura dell’Unione Europea, come abbiamo già detto in precedenza, la nuova PAC si regge su tre pilastri: pagamenti diretti, sviluppo rurale e interventi a sostegno di settori specifici.

La scelta finale dell’Italia ha stabilito che il biologico venga finanziato nel secondo e nel terzo pilastro ma che sia possibile un trasferimento di fondi dal primo pilastro (quindi dal FEAGA o Fondo Europeo Agricolo di Garanzia) al secondo pilastro (cioè al FEASR, Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale) fino al 25% dei pagamenti diretti e in sinergia con gli ecoschemi del primo pilastro, che opereranno quindi con i 29 interventi agro-climatico-ambientali previsti dallo sviluppo rurale (SRA 29).

Vigneti, Conegliano Veneto, foto di Alberto Caliman, Unsplash

Quindi, nella prossima programmazione, nel primo pilastro non è previsto un intervento specifico, mentre nel secondo la strategia nazionale ha previsto un intervento specifico, che prevede un pagamento per l’avvio e il mantenimento di pratiche e metodi di produzione biologica (con una dotazione di 2,1 miliardi di euro).

In particolare, il nostro Paese ha optato per un trasferimento di risorse nel periodo 2024-2027 dal primo al secondo pilastro di oltre 505 milioni di euro, ripartiti in 360 milioni di euro per interventi sull’agricoltura biologica e in 145 milioni di euro per i giovani agricoltori «bio». La dotazione aggiuntiva annua di 90 milioni è stata suddivisa fra le regioni in maniera proporzionale alla % di SAU biologica già certificata.

Il secondo pilastro prevede inoltre l’obbligo di un co-finanziamento nazionale di circa il 50% e di conseguenza, il trasferimento di 360 milioni di euro dal primo pilastro genera una dotazione complessiva di circa 720 milioni nel secondo a disposizione degli interventi per l’agricoltura biologica.

Infine abbiamo gli interventi a sostegno di settori specifici, nei quali rientrano i prodotti ortofrutticoli, dell’apicoltura, vitivinicoli, olivicoli, delle patate fresche e refrigerate, in tre casi dei quali (ortofrutta, olio e patata) sono previsti interventi specifici per il passaggio al biologico, negli altri due (apicoltura e vitivinicoltura) sono previsti incentivi per chi già adotta il metodo biologico.

Foto di apertura: Paesaggio rurale, Toscana, foto di Engjell Gjepali, Unsplash