L’esperienza di camminare in un giardino giapponese comporta una serie insolitamente ricca di sensazioni muscolari: si è costretti spesso a guardare dove si mettono i piedi avanzando cautamente su sassi irregolarmente posti per capire dove dirigere il passo successivo, mettendo a prova continuamente i muscoli del collo e quelli della vista, che coglie un paesaggio che cambia sempre di prospettiva. Ma lo stesso succede se percorriamo un percorso accidentato in montagna con splendidi paesaggi che mutano ad ogni curva o se dobbiamo muoverci nel centro caotico di una grande città.

Lo spazio cinestetico è un fattore importante nella vita quotidiana, e la sua percezione varia moltissimo a seconda della possibilità o della facilità di muoversi liberamente in esso. La nostra esperienza dello spazio è in definitiva determinata da ciò che vi possiamo fare, e il rapporto dell’uomo col suo habitat è anche molto condizionato dall’apparato sensoriale di ciascun individuo. In particolare nella cultura occidentale lo spazio è percepito e vissuto soprattutto in modo molto relazionato agli oggetti che sono presenti in esso, al contrario della cultura orientale, dove sono gli spazi di intervallo intercorrenti tra   gli oggetti ad acquistare importanza.  L’ uomo ha un rapporto transazionale tra sé e l’ambiente, e vive mondi percettivi costantemente diversi. Alcune culture lo evidenziano più palesemente, ad esempio nel linguaggio: gli Aivalik usano 12 parole per i diversi tipi di esperienza col vento, i popoli Inuit hanno oltre 21 modi per descrivere la neve (se scende, appena caduta, cristallina, sciolta, ricongelata o dura che cede sotto il peso dei passi, portata dal vento etc. etc.). Per la società Hopi i vani delle abitazioni sono indicati solo come punti di riferimento per gli arredi che contengono.  E’ evidente come il modo di vivere il mondo circostante influisca sul modo di pensare di ogni gruppo di individui e naturalmente sul modo di esprimere il mondo con cui sono costantemente in contatto E l’idea dello spazio risulta strettamente legata al movimento, coinvolgendo simultaneamente tutta una serie di sensazioni. L’uomo, come gli altri mammiferi e gli uccelli ha un modo uniforme di porsi a distanza dai propri simili, distanza che ciascuno conferma rispetto agli altri, e il fattore decisivo nello stabilire le distanze è costituito da come le persone sentono il reciproco rapporto in quella determinata situazione. Il senso umano della distanza e dello spazio non è statico.  Gli intervalli spaziali possono variare anche a seconda dei caratteri personali o dei fattori ambientali. Per esempio un forte rumore o una illuminazione debole possono indurre le persone ad avvicinarsi.

La presenza o l’assenza di sensazioni di calore del corpo di un’altra persona può segnare il confine tra lo spazio intimo e quello non intimo, mentre si può intendere distanza personale la piccola sfera protettiva che un organismo mantiene tra sé e gli altri. La fase di lontananza dalla distanza personale si estende oltre la soglia che consente di toccare facilmente l’altro. A questa distanza si possono discutere argomenti di interesse personale, ma non si è influenzati dal calore corporeo percepibile. L’olfatto non entra sempre in gioco, ma in alcune popolazioni è frequente l’abitudine di far uso di profumi in previsione di contatti frequenti a distanza personale. Quando le persone lavorano vicine, trattano affari interpersonali o intrattengono conversazioni in incontri occasionali inizia la sfera della distanza sociale, che prevede spazi sempre diversi a seconda delle condizioni di lavoro o dei diversi rapporti affettivi.

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Tutte le foto sono dell’autrice