Sono felice di continuare il dialogo con Anna Maria Preziosi che ha avuto la cortesia di riferirsi al mio articolo sulle donne pubblicato su TUTTI.

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Apprezzo molto la delicatezza delle sue conclusioni, ma essendo un uomo posso dire chiaro e forte quello che ho imparato in quaranta anni di lavoro con le donne invisibili di tutto il mondo.

Moltissime di quelle che ho incontrato, anche quelle che non sanno leggere, né scrivere, sono molto superiori a moltissimi rappresentanti del sesso maschile, e sono stato testimone del loro impegno, e della silenziosa battaglia che conducono tutti i giorni per generare e difendere la vita umana. Ho visto con i miei occhi la pazienza e il coraggio senza l’arroganza e la retorica di molti maschi.

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Mi è capitato di recente di assistere a una grande manifestazione su Zoom di un grande movimento americano per combattere la violenza sulle donne. Partecipavano molti movimenti e gruppi italiani per la difesa delle donne. C’erano coloro che animano i centri antiviolenza, che fanno il difficilissimo lavoro del quale non potremo mai ringraziarle a sufficienza.

Però c’erano anche le “politiche”, che continuavano a rappresentare un femminismo degli anni ’70, caratterizzato dalla contrapposizione. Ma soprattutto questo femminismo finisce per considerare le donne come una componente debole della società umana, da proteggere e difendere come le popolazioni indigene americane nelle riserve.

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Non è più così per fortuna, le giovani donne che ho seguito per anni all’università e nei miei progetti, non hanno più nessuna sudditanza psicologica o sociale nei confronti degli uomini. Il loro rapporto con l’universo maschile è completamente paritario, anche se devono ancora battersi per l’uguaglianza nel salario e nell’accesso alle opportunità.

Troppo poco si parla di questa generazione, di nuove ragazze e donne, che si affermeranno sempre più nel lavoro e nella vita collettiva, e non saranno certo gli uomini più stupidi e ignoranti a fermarle.

Del resto ho sempre sostenuto che l’umiliazione e la violenza verso le donne, non è il risultato del predominio, ma soltanto di una grandissima ancestrale paura.