Immagine di Maria Giovanna Lanfranchi

Ode per l’Ucraina

Il Dnepr è imbrattato dal rosso

del sangue fino alla foce lontana;

le eleganti ragazze di Kiev

hanno lasciato tacchi a spillo

e trousse, ora imbracciano un’arma

automatica, senza perdere di grazia;

nella piazza Maidan non più gente

e clacson, ma posti di blocco,

sacchi di sabbia e cavalli di frisia.

 

Il sogno passava davanti alla finestra;

ora ci sono, a tutte le ore, cupi rombi

nel cielo e boati nelle strade e sui palazzi

sventrati: distruzioni e tanti cadaveri

nel luogo sul confine diventato macerie.

Non si ascoltano fiabe per i bambini

o serene chiacchiere sul futuro ai bar,

ma lugubri, insistenti sirene di allarme

che tagliano il fiato e predicono morte.

 

Ma tornerà ad essere limpido il cielo

ed a brillare il grano nei campi dorati;

tornerà ad echeggiare la voce soffusa

di Taras, finalmente libero dalla prigione.

Via questi invasori ingannati dai loro capi,

via le bombe e gli incendi ed il dolore,

basta la fuga verso l’ignoto e l’angoscia.

Ucraina rinascerà, nuova fenice d’Europa,

testimonianza della speranza di noi tutti.

 

NOTA: Il primo verso della seconda strofa riecheggia una famosa canzone ucraina; “luogo sul confine” per molti è il significato etimologico di Ucraina. Taras si riferisce al famoso poeta Taras Shevchenko fu poeta, scrittore, politico vissuto nella prima metà dell’800, fu soprannominato “bardo” dai suoi compatrioti, considerato il fondatore della letteratura moderna ucraina, poiché si era espresso critico nei confronti dello zar e favorevole all’indipendenza dell’Ucraina, fu a lungo imprigionato e poi mandato in esilio, dove morì. Il colore giallo e blu della bandiera è ispirato ai colori brillanti di cielo e campi di grano ucraini.

Pietro Ragni

Pietro Ragni

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