Fonte della civiltà moderna prima che occidentale, cioè prima che una distinzione geografica la delimitasse in un punto cardinale, l’Europa è al tempo stesso cultura, visione ideale e politica, economia, scienza e tecnologia che in essa hanno trovato linfa e sviluppo.

Il continente che ha determinato più di altre civiltà il cammino dell’uomo appare tuttavia complessivamente diviso e indebolito di fronte all’emergere di competitori sempre più forti in un mondo inevitabilmente multipolare, come un vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro.

La domanda sull’identità europea è risultata drammaticamente evidente a seguito della guerra in Ucraina e l’Europa, oltre l’apparente unità, ha rivelato nei primi mesi del conflitto non poche contraddizioni.

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Gli interrogativi che molti politologi, economisti ed esperti militari si sono posti di fronte a questa crisi del sistema geopolitico europeo, si possono così riassumere: fino a che punto è conveniente per l’Europa abbracciare la strategia degli Stati Uniti e della Gran Bretagna attraverso il braccio militare della NATO nella gestione delle crisi internazionali? La difesa comune europea ha fatto passi avanti dopo l’esplosione delle ostilità oppure ogni Paese ha deciso in ordine sparso l’aumento delle spese militari senza alcuna visione comune? Le sanzioni sono un mezzo efficace per sostenere l’Ucraina o non rappresentano piuttosto, in un mondo dove l’economia è interdipendente, un danno per l’Europa? La diplomazia ha svolto un ruolo apprezzabile nel proporre soluzioni per la conclusione del conflitto?

Il possibile (e auspicabile) cammino verso la costruzione europea che ho delineato in un precedente contributo sembra essersi bruscamente arrestato, tra preoccupazione strategica atlantica che supera – senza una reale condivisione – gli interessi europei ed economia di guerra.

Un soggetto che avrebbe tutto per essere un protagonista delle relazioni internazionali, per i suoi forti limiti sia politici sia istituzionali, le spinte centrifughe (nazionalismi, Brexit) e un legame con gli Stati Uniti troppo esclusivo, ma soprattutto per la mancanza di una visione ideale, è incapace di esprimere in modo originale le proprie potenzialità, fino a diventare terreno di scontro di opposte ambizioni.

Ancora oggi, nelle contrapposizioni tra Stati, emergono quelle divisioni che sembravano avere trovato un punto di mediazione nella via federale. Non è possibile ad esempio non vedere che Francia, Germania e Italia hanno un orientamento meno interventista verso l’Ucraina rispetto ai Paesi del Nord Europa.

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Il quadro politico-sociale vede approfondirsi una crisi di rappresentanza frutto della crescente disaffezione verso istituzioni europee che hanno progressivamente privilegiato interessi particolari su quelli collettivi, assegnando uno spazio sempre più ampio al potere economico (e ora anche politico) delle élite occidentali e allontanando la realizzazione di una democrazia compiuta.

L’economia neoliberista ha invaso ogni ambito della vita collettiva e individuale (basti pensare alla gestione della pandemia, nella quale le multinazionali del farmaco determinano la linea dei governi) e in modo totalizzante sta affermando la propria egemonia globale in una rischiosa contrapposizione a una realtà di fatto multipolare.

Ancora una volta, nel vuoto dei valori, vediamo affrontarsi, come nel passato, due Europe, un’Europa continentale e una atlantica, e la capacità di manovra sembra ridursi sempre più, con un continente che deve rincorrere più le problematiche che gli obiettivi.

Immagine di apertura: Vila Nova De Cerveira, Portogallo, foto di Mindsteel, Pixabay