Quando ero bimbo vivevo nella bella città toscana di Massa Carrara, era il 1945 e la città era devastata dalla guerra, e noi ragazzi si giocava fra gli equipaggiamenti abbandonati dai tedeschi (per noi gli ariani erano gli europei).

Poi sono arrivati gli americani ed hanno inondato il terreno di coltellini, automobiline e bamboline esplosive per i ribelli. Anche in questo caso dovevamo fare attenzione a non farci del male, ma fortunatamente ne sono uscito indenne.

Collaborando con la segreteria del senatore Del Nero sentivo parlare di unione e di una nazione unica, l’Europa, ma era ancora troppo presto. Si è fatta la CECA per smaltire le scorte di carbone e acciaio accantonate per la guerra, e questo accordo a Roma è stato il primo passo verso una comunione europea.

Negli studi superiori divenni direttore del giornalino studentesco Ypsilon ed in tale veste fui chiamato dal professor Giuseppe Petrilli, presidente dell’IRI, a far parte del Consiglio giovanile del Movimento Europeo. Questo gruppo cattolico di estrazione DC non era ben visto a sinistra perché non era comunista ma le mie cognizioni europee divenivano sempre più grandi.

In Bologna dove lavoravo per i telefoni di Stato sono stato responsabile della redazione di “TUTTI” emiliana e con questa collaborazione ho fortificato le mie idee europeistiche. Dopo per circa 40 anni ho lavorato con il quotidiano “Il Tirreno” di Livorno applicando sempre le mie idee europee. Oggi purtroppo quell’entusiasmo che avevo si è spento: non vedo più l’Europa come una volta; per essere europeo dovremmo avere TUTTI un solo pensiero, una sola legge ed un solo comportamento. Questo non c’è? Esiste un’Europa che costringe gli italiani a fare quello che vogliono e ci strangolano con una miriade di impedimenti e di imposizioni.

Manca una volontà di essere tutti uguali, io sono la Germania, io la Francia, io nordico e capitalista, poi per interessi personali si sono aggiunti all’Europa paesi che di cultura latina poco anno, e sono poi i paesi che decidono per il no e per il sì.

La guerra in Ucraina ha fatto il resto: ha scoperto le lacune europee sulla politica unitaria, la mancanza di un esercito per cui alzare la voce e farsi rispettare, la dipendenza singola energetica e poco comunitaria, se non quello degli olandesi di aumentare a dismisura il prezzo del gas a loro profitto. Questi i mali che fanno male all’unificazione europea.

L’Europa per essere unita deve avere che ogni nazione abbia lo stesso peso, sia politico che economico. Ma a questo manca un tassello importante: la lingua europea che tutti dovrebbero parlare e comprendersi, una lingua europea che potrebbe essere l’esperanto e solo dopo le popolazioni diventerebbero comunitarie ed uguali. Non come abbiamo visto con la crisi della Grecia che è stata quasi strangolata e sull’orlo di una guerra civile per il capitalismo europeo.

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